La nuova ristorazione italiana: sette giovani ragazze stanno dando idee, professionalità e bellezza; ognuna nel suo ruolo ben preciso. Sommelier e mixologist, maitre e pizza lady, chef e pasticciera: lo stile gourmet si differenzia sempre di più, specializzandosi nei vari settori, e il ruolo delle donne diventa decisivo. ItaliaSquisita ha deciso di raccontare i volti e le storie della nuova cucina italiana, al femminile.
Karime Lopez di Gucci Osteria
Ana Karime Lopez Kondo è la mente creativa dietro l’iconico menu della Gucci Osteria da Massimo Bottura a Firenze, inaugurata a inizio anno e subito divenuta un appuntamento imperdibile per i foodies di tutto il mondo.(
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Mariagiulia Magario di Ada e Augusto
«Ma noi volevamo vincere la sfida!». In queste poche parole, riferite alle aspettative dei colleghi sul progetto della Cascina Guzzafame, è racchiusa tutta la determinazione di Mariagiulia Magario.
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Chiara Pavan di Venissa
Chiara Pavan fa parte della schiera di chef diventati tali un pò per caso e che grazie al caso hanno avuto modo di dare le ali a una vocazione che probabilmente non sapevano di possedere. È emozionante quando va così e ci si affida alla natura dei percorsi di vita, soprattutto perché ti poni verso chi sceglie di sedere alla tua tavola con un approccio evidentemente di sorpresa ogni volta.(
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Roberta Esposito di La Contrada
Rusticità, eleganza, rigore tecnico e savoir-faire. Questa è la cifra stilistica della giovane Roberta Esposito ad Aversa, che ha portato a una diversa evoluzione del concetto di pizza in Campania.
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Federica Russo di Pasticceria Cioccolateria Fabrizio Galla
La sua idea di pasticceria è molto chiara: la modernità esiste soltanto se si padroneggia perfettamente la tecnica classica.(
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Patrizia Bevilacqua di Bevande Futuriste
Una bambina nata in una casa con l’angolo bar del papà barman, figura basilare nella sua vita, figlia d’arte con un padre, Gianpaolo Bevilacqua, protagonista del mondo della miscelazione negli anni ’80 e ’90.(
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Valentina Bertini di Terrazza Gallia
Una carriera volta all’innovazione e alla scrematura di quei dogmi che interpongono un muro fra sommelier e cliente, a partire dall’eliminazione del classico abito e del tastevin, per finire con il cambiamento di modalità con la quale ci si interfaccia con il commensale, rimuovendo il carattere saccente della spiegazione che molte volte annoia il cliente piuttosto che affascinarlo.(
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