Chef

La dolce pasticceria di Chiara

Pasticciera al ristorante La Credenza di Giovanni Grasso e Igor Macchia, Chiara Patracchini ha sviluppato una pasticceria ricca di storia e gusto personale.
I suoi primi ricordi culinari in famiglia sono connessi al sapore sapido e non al dolce: «Mi sovviene il risotto stracotto al rosmarino e toma che mio nonno preparava per saziare il mio enorme appetito del doposcuola. Tuttavia ho sempre amato i dolci e per questo ogni volta che mia madre preparava una torta io le giravo intorno come un avvoltoio per accalappiarmi la ciotolina con i resti dell’impasto. Sicuramente è stata lei la prima a insegnarmi a cucinare, poi mia nonna che ogni mattina andava a prendere le uova ancora calde per farmi lo zabajone o quando faceva gli gnocchi e mi urlava dietro perché li mangiavo crudi…». Scherzosamente si potrebbe definire Chiara Patracchini come una ragazza “acqua, farina e sapone” per la sua passione e la sua indole così spontanea, sbarazzina e splendidamente semplice. La sua memoria organolettica ricorda il “latte, pane e Orzo Bimbo” del nonno, le prime illuminanti parole nella prefazione dell’Artusi lette a 15 anni, i viaggi formativi e lavorativi a Jakarta e New York, l’apprendistato molecolare da Ettore Bocchia al “Mistral” di Bellagio (CO), la grande pasticceria siciliana o piemontese e un rapporto d’amicizia indissolubile con Giovanni Grasso, che non solo le ha insegnato il mestiere dai tempi delle superiori all’istituto alberghiero ma l’ha anche portata con sé nei suoi viaggi per capire e approfondire il mondo della cucina. Ma chi sono i suoi maestri? «Luca Montersino per il suo sapere, Corrado Assenza per la sua maturità, Leonardo Di Carlo per l’audacia, Gianluca Fusto per l’innovazione e la sperimentazione, Loretta Fanella “er mito” e Igor Macchia perché è il mio chef e per la sua completezza». Con tutti questi nomi altisonanti della pasticceria d’autore italiana ora si capiscono molti aspetti di Chiara. E i suoi dolci come sono?   Giocare con la tradizione «Il rapporto tra la pasticceria e la cucina salata in un ristorante gastronomico? Tutto si può fare, non esistono barriere, bisogna solo rielaborare la formula per farla funzionare. Un dolce “non dolce” può essere utilizzato all'interno di un menu degustazione, come momento di avvicinamento al dolce vero e proprio. È un modo per avvicinare la pasticceria alla cucina e non renderla un compartimento a se stante. Sicuramente, dopo un percorso di dieci portate, bisogna offrire dessert alleggeriti e con un’acidità adatta a saper stuzzicare ancora il palato!». Perciò la sua pasticceria inizia a indagare nella sperimentazione del gusto, del gioco e della tradizione rimodellata sotto l’aspetto estetico. I gusti sono sempre quelli emersi dal fuoco della memoria, ma lo splendore risiede nella presentazione, nel sapore diretto e nell’idea pratica di realizzazione: «Ho creato Patate a merenda per gioco, ovvero un soffice di patata intercalato da una mousse di latte e cioccolata bianca, il tutto reso croccante dalla sua buccia caramellata. Il discorso è sempre quello: voler creare qualcosa partendo da un alimento povero ma ricco di sapore della nostra terra e di utilizzare tutte le sue parti senza buttar via niente. È il classico ricordo adolescenziale della brioche data per merenda e mangiata giocando. Oppure la mia Rivisitazione del Tiramisu nel bicchiere che è ormai un dolce fisso nella carta de “La Credenza”. Ultimo di tempo la Crostatina al contrario, nata dall’amore con la “a” maiuscola e con queste fragole cibo degli dei». Nei piatti di Chiara non mancano mai la consistenza, la croccantezza, la cremosità e l'acidità. E il suo apporto d’innovazione legata alla memoria gustativa. «La clientela de “La Credenza” a San Maurizio Canavese è spesso legata a determinati piatti del passato, tuttavia tutti si lasciano tentare dall’assaggiare nuovi gusti, e per questo motivo la mia carta dei dolci viene variata e assortita gradualmente ogni tre mesi circa. Teniamo però sempre un posticino per i piatti più richiesti dagli affezionati!». La pasticceria del futuro deve prevedere tutte queste varianti, queste emozioni, questa gentilezza femminile; la pasticceria del futuro deve essere concreta, salutista e i pasticcieri devono saper giocare e divertirsi, ma soprattutto regalare un’emozione. Con questo sorriso per Chiara Patracchini non sarà difficile conquistare i gusti più sensibili e raffinati dei gourmet: da una persona che ama svegliarsi e andare a dormire con il pensiero di un dolce non possono che arrivare solo cose buone. Foto di Stefano Fusaro

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