Salvatore Tassa: nuovo ambasciatore di ItaliaSquisita
La sua posa è rinomata: seduto con il suo fidato bastone dei ricordi, sguardo concentrato verso chi gli parla, il sigaro che emerge fumante dalla sua barba socratica e poi poche parole, ironia, sapienza ed evoluzioni, aneddoti sul paradiso e l’inferno dell’alta ristorazione. Dall’architettura alla cucina il passo è stato breve e rivoluzionario, come i suoi piatti.
Salvatore Tassa delle Colline Ciociare ad Acuto è, senza ombra di dubbio, uno dei cuochi, chef e cucinieri più importanti che la nostra cultura abbia mai partorito, e alla saggia età di 65 anni non ha ancora finito d’innovare. In fin dei conti il suo pensiero è sempre stato lì: partire dalla Ciociaria, come esempio più vicino a lui della cultura gastronomica del territorio, studiare i grandi chef francesi, come modelli di interpretazione perfetta della professione di chef, e infine cercare di rinnovare l’approccio alla cucina italiana. E tutta questa fatica, distribuita in quasi 35 anni di storia, si è svolta ad Acuto, un piccolo paese a 724 metri d’altezza e 1878 abitanti nella provincia laziale di Frosinone.
Al momento dell’apertura i suoi punti di riferimento erano principalmente la cucina di mamma, il giornalista Renato Fiorentini, i cui articoli su Bargiornale gli hanno spalancato le porte percettive dell’alta cucina, e lo chef svizzero Frédy Girardet, mito vivente dell’haute cuisine in cui il cuoco ciociaro spesso si identificava (anche lui infatti aveva iniziato a cucinare a circa trent’anni, prendendo in mano proprio il bistrot del padre). Attraverso di loro Tassa incomincia a lavorare ai fornelli, intraprendendo il suo viaggio di esplorazione della cucina local ma con un approccio umano, terrestre e inaspettatamente global.
Ma ecco i primi dubbi, di già: cosa significa innovare la cucina? Come poteva lui “ritoccare” l’intoccabile gastronomia italiana e laziale come un grande chef francese? Prime soluzioni: viaggiare e studiare i nuovi colleghi. In questi luoghi vede e mangia, gode e sbuffa, perché percepisce la bellezza ma spesso non sente la gravità del gusto, lui che sui sapori veri, agresti e naturali ci ha costruito il curriculum delle papille. Avendo studiato all’istituto d’arte e frequentato all’università materie artistiche, poteva apprezzare la forma e la ricerca estetica di questi ristoranti, ma essendo anche un pretenzioso uomo del fare rimaneva sempre interdetto quando alla forma non veniva mai equiparato il valore del gusto e dei sapori. Che peccato, tutta ‘sta bellezza per masticare poi ricette senza mordente!
Estratto di Carlo Spinelli di "Salvatore Tassa" del n° 40 di ItaliaSquisita
Salvatore Tassa delle Colline Ciociare ad Acuto è, senza ombra di dubbio, uno dei cuochi, chef e cucinieri più importanti che la nostra cultura abbia mai partorito, e alla saggia età di 65 anni non ha ancora finito d’innovare. In fin dei conti il suo pensiero è sempre stato lì: partire dalla Ciociaria, come esempio più vicino a lui della cultura gastronomica del territorio, studiare i grandi chef francesi, come modelli di interpretazione perfetta della professione di chef, e infine cercare di rinnovare l’approccio alla cucina italiana. E tutta questa fatica, distribuita in quasi 35 anni di storia, si è svolta ad Acuto, un piccolo paese a 724 metri d’altezza e 1878 abitanti nella provincia laziale di Frosinone.
Al momento dell’apertura i suoi punti di riferimento erano principalmente la cucina di mamma, il giornalista Renato Fiorentini, i cui articoli su Bargiornale gli hanno spalancato le porte percettive dell’alta cucina, e lo chef svizzero Frédy Girardet, mito vivente dell’haute cuisine in cui il cuoco ciociaro spesso si identificava (anche lui infatti aveva iniziato a cucinare a circa trent’anni, prendendo in mano proprio il bistrot del padre). Attraverso di loro Tassa incomincia a lavorare ai fornelli, intraprendendo il suo viaggio di esplorazione della cucina local ma con un approccio umano, terrestre e inaspettatamente global.
Ma ecco i primi dubbi, di già: cosa significa innovare la cucina? Come poteva lui “ritoccare” l’intoccabile gastronomia italiana e laziale come un grande chef francese? Prime soluzioni: viaggiare e studiare i nuovi colleghi. In questi luoghi vede e mangia, gode e sbuffa, perché percepisce la bellezza ma spesso non sente la gravità del gusto, lui che sui sapori veri, agresti e naturali ci ha costruito il curriculum delle papille. Avendo studiato all’istituto d’arte e frequentato all’università materie artistiche, poteva apprezzare la forma e la ricerca estetica di questi ristoranti, ma essendo anche un pretenzioso uomo del fare rimaneva sempre interdetto quando alla forma non veniva mai equiparato il valore del gusto e dei sapori. Che peccato, tutta ‘sta bellezza per masticare poi ricette senza mordente!
Estratto di Carlo Spinelli di "Salvatore Tassa" del n° 40 di ItaliaSquisita
Photo Credits: Alberto Blasetti