Donato Ascani: una cucina di istinto e intuizione
L'aspirazione gli permette di "cucinare a soggetto" prendendo in prestito il concetto dal mondo del teatro, che di improvvisazione, e dunque di istinto si nutre. Cucinare in questo modo implica una conoscenza totale delle regole che alla cucina presiedono: un libro talmente aperto, per Donato Ascani, da farvi entrare, all'occorrenza, anche lo scossone del fato con tutte le implicazioni ch'esso comporta tanto che appare lecito definirla più come una cucina "di mercati" che, semplicemente, di mercato.
Laziale di Fiuggi, classe 1987, la cucina l'ha nel proprio corredo genetico da parte di padre, cuoco di professione, mentre con lo zio armeggia, sin da piccolo, in trattoria. Durante gli anni dell'istituto alberghiero, il suo curriculum si arricchisce all’Antica Pesa di Fabio Tacchella e poi a Parma dove approda all'Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, dove in poco tempo diventa assistente di chef e docenti del calibro di Marco Soldati e Luciano Tona: è a loro che si deve l'apprendistato da Enrico Crippa e il suo Piazza Duomo. Oltre a questi, poi, c'è l'influenza magnetica di Paolo Lopriore.
Lo chef Ascani, che è l'ammiraglio della propaggine veneziana del ristorante Glam che è salito agli onori della cronaca gastronomica nazionale e contemporanea per via di una cucina fatta di impressioni sensibili, d'improvvisazioni sul piatto, il cui apparente minimalismo viene smentito, se non stravolto, dal quotidiano sipario della Serenissima, coi suoi mercati, le sue storie. «Venezia mi ha accolto lentamente ma, oggi, mi fa sentire un prestigioso ospite», ci confesserà lo stesso Ascani più tardi, a dimostrazione di quanto lui sia ormai entrato nelle grazie di questa piazza liquida, intrinsecamente mutevole –ed è lapalissiano in ciascuno dei suoi piatti –a onta della sua scarsa resilienza. Per parlare di lui, quindi, non si può prescindere dal parlare di lei, la città, oggi rediviva dopo la stasi silente e straniante della pandemia. Eppure, più che in ogni altro luogo del mondo, Venezia concede, a chi sa capirla, numerose occasioni di libertà, strappi alla regola che s'aprono come squarci sulla fissità del canovaccio del giornaliero: un twist, una virata, rispetto alla reiterazione degli accadimenti della vita determinata, appunto, dalle mille suggestioni che essa spalanca, siano esse ricordi, racconti, incontri.
Ascani traduce gli stimoli della realtà fenomenica premendo sempre sull'acceleratore del gusto e dell'aroma pur restando, comunque e sempre, bilanciato, nonostante le vertiginose sintesi tra generale e particolare. Fondere locale e globale, interiore ed esteriore, personale e pubblico e senza mai smettere, attraverso l'istinto, appunto, di cucinare nient'altro se non la cultura di questa nostra Italia contemporanea.
Ascani traduce gli stimoli della realtà fenomenica premendo sempre sull'acceleratore del gusto e dell'aroma pur restando, comunque e sempre, bilanciato, nonostante le vertiginose sintesi tra generale e particolare. Fondere locale e globale, interiore ed esteriore, personale e pubblico e senza mai smettere, attraverso l'istinto, appunto, di cucinare nient'altro se non la cultura di questa nostra Italia contemporanea.
Estratto di "Donato Ascani" di Andrea Grignaffini nel N° 43 di ItaliaSquisita
Photo Credits: Cristian Parravicini