Da Vittorio: storia del più importante ristorante di Bergamo
Tutto nasce grazie al lavoro e alla dedizione del padre di Chicco, Bobo e dei loro fratelli da cui il ristorante “Da Vittorio” prende appunto il nome: Vittorio Cerea.
Uomo creativo a cui piaceva sperimentare, Vittorio era già un cuoco moderno nei lontani anni ‘70, quando stava in cucina a creare ricette, a correggere i sughi e le temperature, e a controllare gli ingredienti. Amava altresì dedicarsi ai propri clienti in sala e alla descrizione del menù.
Era anche un ottimo “venditore”, come un oste, e conosceva il prodotto perfettamente: da giovane era stato pure un macellaio e ha avuto il pregio di insegnare ai bergamaschi a consumare il pesce di mare. Per non parlare della sua passione per funghi e tartufi, per frutta e verdura del mercato di Milano.
Da sempre Da Vittorio si sta bene, si scherza, si beve e si vive un’esperienza a tutto tondo, ci si crogiola nella sala d’accoglienza, con distillati e riviste alla mano, si cena creativo oppure si sceglie la classica e mitologica “orecchia d’elefante” da 2,5 chili di fassona, con patate e pomodori, oppure ancora si decide per un antipasto pantagruelico col pesce più fresco di alcune località di mare in Sardegna e Sicilia, o si ordina “carta bianca” per avere quasi venti portate sull’orlo dell’avanguardia.
E dopo la cena magari ci si congeda in una suite del relais, con i comfort che escono da ogni poro dell’accoglienza. Forse tutto questo amore per la perfezione ha origini lontane, forse sono i cinquant’anni di storia della famiglia che nel tempo è cresciuta, si è ingrandita e ora ha creato un impero dell’alta ospitalità. A volte le apparenze ingannano, ma Da Vittorio l’apparenza ha vita dura: qui piace da sempre la sostanza.
Uomo creativo a cui piaceva sperimentare, Vittorio era già un cuoco moderno nei lontani anni ‘70, quando stava in cucina a creare ricette, a correggere i sughi e le temperature, e a controllare gli ingredienti. Amava altresì dedicarsi ai propri clienti in sala e alla descrizione del menù.
Era anche un ottimo “venditore”, come un oste, e conosceva il prodotto perfettamente: da giovane era stato pure un macellaio e ha avuto il pregio di insegnare ai bergamaschi a consumare il pesce di mare. Per non parlare della sua passione per funghi e tartufi, per frutta e verdura del mercato di Milano.
Da sempre Da Vittorio si sta bene, si scherza, si beve e si vive un’esperienza a tutto tondo, ci si crogiola nella sala d’accoglienza, con distillati e riviste alla mano, si cena creativo oppure si sceglie la classica e mitologica “orecchia d’elefante” da 2,5 chili di fassona, con patate e pomodori, oppure ancora si decide per un antipasto pantagruelico col pesce più fresco di alcune località di mare in Sardegna e Sicilia, o si ordina “carta bianca” per avere quasi venti portate sull’orlo dell’avanguardia.
E dopo la cena magari ci si congeda in una suite del relais, con i comfort che escono da ogni poro dell’accoglienza. Forse tutto questo amore per la perfezione ha origini lontane, forse sono i cinquant’anni di storia della famiglia che nel tempo è cresciuta, si è ingrandita e ora ha creato un impero dell’alta ospitalità. A volte le apparenze ingannano, ma Da Vittorio l’apparenza ha vita dura: qui piace da sempre la sostanza.