Alessandro Negrini: dalla Valtellina a Milano

Arriva dalla Valtellina (da Caspoggio, 1.200 metri per 1000 abitanti) ed è un uomo esplosivo: «Ho iniziato a interessarmi a questo lavoro grazie ai racconti di un vicino di casa che viaggiava per il mondo come chef sulle navi; poi mio fratello Giandomenico, sebbene fosse gravemente malato, mi dava stimoli su stimoli, infondendomi perenne energia nel cuore. Parto dunque per la Svizzera per imparare le lingue straniere e l’arte della cucina, e all’Hotel Palace di St. Moritz il patron Andrea Galli mi racconta di Aimo e Nadia Moroni».

Dopo qualche anno prende baracca e burattini e arriva da loro diciottenne. Quel giorno pioveva a dirotto: «È permesso?» chiese entrando, ma non c’era nessuno. Entrò in cucina e vide una signora vestita da cuoca che stava facendo la Zuppa Etrusca; senza chiedere chi fosse gliela offrì da assaggiare.

«Quella signora così gentile era Nadia Moroni in carne e ossa! Quel gesto mi ha fatto capire che si può avere tutta la tecnologia possibile, ma è importante soprattutto il rapporto umano». Tre anni lì, poi, grazie allo chef Pietro Leeman del Joia di Milano (guarda L'Ossobuso alla Milanese di Alessandro Negrini), se ne va di nuovo in Svizzera, a Ginevra, al Relais Domaine de Châteauvieux di Philippe Chevrier, allievo del mitico Frédy Girardet.

«Mi si è aperto un mondo nuovo, da gerarchia militare, ero diventato una macchina; pensavo sempre a mio fratello Giandomenico che lottava ogni giorno e io dovevo fare lo stesso». Due anni lì e ritorna in Italia dalla famiglia Santini nel ristorante Dal Pescatore di Canneto Sull’Oglio, per un anno e mezzo. Nadia e famiglia gli hanno insegnato la potenza della cucina italiana, l’essenzialità del gusto racchiusa nella semplicità di massimo tre ingredienti.

Da lì infine va a lavorare di nuovo da Aimo e Nadia Moroni: «Andare a mangiare da qualcun altro non significa abbuffarsi e poi criticare, ma uscire e sentire la sensazione che rimane nel cuore e cervello. Bisogna stare almeno due anni da un grande chef per capirne la filosofia e non semplicemente copiarne le ricette. Riassumere le mie esperienze fin ad ora? Ginevra: rigore, organizzazione, serietà, etica professionale.

Santini: armonia, leggerezza, finezza. Aimo: grandi materie prime, sapore, eleganza, italianità. Con Aimo infatti è stata una folgorazione. Come uomo è una persona intelligente e altruista, è l’unico che riesce a coniugare l’egocentrismo all’umanità in modo unico.

A differenza di altri chef, Aimo è umile all’ennesimo livello. Ha fatto dell’umanità e l’ascoltare uno dei suoi cavalli di battaglia. Parli di Aimo e la stessa cosa vale anche per Nadia, ovviamente. Mi hanno insegnato che mangiare bene non è prerogativa dei ricchi; l’alta ristorazione ha alti costi, ma fare una cucina meravigliosa con lo sgombro è facile!»
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