La frittura tuttavia non è solo una questione di temperatura e punto di fumo. La capacità termica dell’olio, ossia la sua capacità di trattenere e trasferire calore agli alimenti, influenza direttamente il risultato finale. Oli con un’elevata stabilità ossidativa garantiscono una minore formazione di composti dannosi durante la cottura, mentre la viscosità dell’olio influisce sulla formazione della crosta: un olio troppo viscoso potrebbe infatti impedire una doratura omogenea, mentre uno troppo fluido potrebbe essere assorbito eccessivamente dall’alimento, rendendolo grasso e unto.
Nel mondo dell’alta cucina, la frittura è molto più di una semplice immersione in olio bollente. Lo conferma Alessandro Ingiulla, chef patron del ristorante, una stella Michelin, Sapio di Catania, in Sicilia: «Sono convinto che la frittura sia un processo di cottura ‘onesto’, che restituisce esattamente ciò che gli si dà. Per questo la qualità dell’olio, la sua provenienza, l’equilibrio tra le sue componenti grasse sono i criteri essenziali di scelta». In Italia la frittura è anche alla base di ricette storiche e tradizionali, dalla pizza fritta campana agli arancini siciliani, dal carciofo alla giudìa di Roma al panzerotto barese, per passare ai fritti dolci marchigiani, le olive ascolane, le polpette nelle mille varianti provinciali, i crostacei, i pesciolini azzurri, il baccalà…
Continua sempre Ingiulla: «Noi al ristorante prediligiamo Frienn di Olitalia, un olio di semi di girasole altoleico con un punto di fumo abbondantemente sopra i 200°C, poiché arricchito da antiossidanti naturali, in parte estratti dal rosmarino, che ci consente da un lato di mantenerlo stabile durante tutta la fase di cottura e dall’altro al riparo dal rischio di un processo di degradazione troppo rapido».
Un buon olio deve però essere accompagnato dal giusto approccio: «Temperatura e tempi sono fondamentali: se si immerge un alimento troppo freddo nell’olio, la temperatura cala compromettendone la croccantezza. Se si riutilizza troppe volte lo stesso olio, si accumulano residui bruciati che alterano il sapore e la qualità. Errori comuni, ma fatali».Il ruolo cruciale dell’olio trova la sua massima espressione nell’arancino nero dello chef Ingiulla, un piccolo vulcano gastronomico e nuova interpretazione di un grande classico. Il croccante guscio scuro, ottenuto con il nero di seppia nella panatura, infonde un sapore marino, celando un ricco ripieno proposto in due varianti: con genovese di tonno o, in alternativa, melanzana affumicata. Un omaggio al mare, alla frittura e alla cucina della tradizione da parte della nuova cucina contemporanea in Sicilia.
Questo è un piatto che non è solo un elegante tributo all’Etna, ma è anche una riflessione su come l’olio e la temperatura possano trasformare una ricetta in un’esperienza sensoriale completa. «Il mio obiettivo è creare un contrasto tra la croccantezza esterna e la cremosità del cuore. Per farlo, ogni fase della frittura è studiata nei minimi dettagli, dalla scelta dell'olio alla gestione della temperatura. Ogni elemento deve essere perfetto per esaltare gli altri» aggiunge lo chef catanese evidenziando il valore e la cura che si celano dietro a ogni singola frittura.
Esausto ma pieno di vita
L’olio non è solo una questione tecnica o gastronomica: è un problema ambientale. Ogni anno tonnellate di olio usato vengono smaltite in modo scorretto, finendo nei lavandini, nei terreni e nei fiumi, creando pellicole che soffocano interi ecosistemi marini. È qui che entra in gioco la responsabilità dei professionisti dell’enogastronomia e il virtuosismo delle aziende leader nel settore come Olitalia che, con il progetto Esausto ma pieno di vita, sta cambiando la narrativa dell’olio esausto, divulgando il corretto recupero degli oli vegetali. Una volta recuperati e rigenerati gli oli esausti concorrono infatti alla produzione di biodiesel, diminuendone quindi l’importazione e la produzione da fonti non rinnovabili. Secondo il CONOE (Consorzio Nazionale di raccolta e trattamento degli Oli e grassi vegetali e animali Esausti), una corretta gestione dell’olio usato riduce non solo l’inquinamento, ma anche la necessità di importare combustibili fossili. La collaborazione con l’APCI (Associazione Professionale Cuochi Italiani) rafforza questo impegno, educando i professionisti della ristorazione a una gestione responsabile con La Guida pratica per chef sostenibili. Dal momento che gli oli per frittura ad alta resa, e in particolare Frienn, consentono una maggiore durata e stabilità, la scelta di un prodotto di questo tipo, non solo migliora la qualità della frittura, ma contribuisce anche a ridurre il consumo e lo spreco di olio. Ogni immersione in olio bollente è dunque una scelta che coinvolge non solo aspetti sensoriali ma anche di consapevolezza di come si cucina, tra piacere immediato e responsabilità a lungo termine. La nascita di una nuova frittura consapevole.
Mettiamo i punti sul fumo
Oli di semi (girasole alto oleico, arachide)
Punto di fumo: 180° - 230°CStabilità ossidativa: Alta (alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi)
Utilizzo ideale: Frittura profonda e uniforme
Olio extravergine d’oliva
Punto di fumo: 180° - 210°C
Stabilità ossidativa: Alta (grazie ai polifenoli)
Utilizzo ideale: Fritture leggere
Burro
Punto di fumo: 150°C - 160°C Stabilità ossidativa: Bassa (contiene acqua e proteine)
Utilizzo ideale: Fritture leggere in padella
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