La Piccola Pasticceria

Il sogno finale dei clienti a fine pasto, la ciliegina sulla torta dei menu degustazione. Ma come nascono in realtà i petit four e che valore hanno oggigiorno nell'alta ristorazione italiana? Un viaggio eclettico tra i tanti segreti che si celano dietro alla piccola pasticceria dei cuochi più creativi del bel Paese.
Petit four: espressione francese che significa “piccolo forno”. Ai più golosi questo termine suggerirà sicuramente la trasposizione della “piccola pasticceria”, ossia quelle dolcezze che si palesano quasi sempre alla fine di un pasto o di un menu degustazione. E pensare che tutto ha origine da un “petit four”, cioè un forno con una temperatura residua blanda, ideale per cuocere i dolci, già dal XVIII secolo in Francia. Fu quindi una nuova interpretazione della dolcezza, con il preciso scopo di terminare in gloria un menu oppure di favorire la socializzazione nei salotti nobili, in famiglia, nelle feste. Ha attraversato il tempo indenne, tanto da essere tuttora argomento di dibattito e di ragionate provocazioni, come stuzzica il maestro pasticcere siciliano Corrado Assenza.

Ma questi “dolci ninnoli” davvero permettono di essere goduti e capiti appieno, se posti alla fine di un percorso degustativo? Danno un punto in più al menu complessivo oppure ormai ne fanno parte in pieno nell'equilibrio totale del pasto? Proviamo allora a tuffarci in questo mare magnum e a sondare alcuni esempi del circuito Michelin.

Veloci come un Frecciarossa, planiamo a Torino, al ristorante Del Cambio, dove Matteo Baronetto considera la piccola pasticceria come figlia della tradizione classica del Piemonte, con l’obiettivo sì di dare un gran finale e un contrasto dolce all’amaro del caffè, ma anche un omaggio al conte Cavour, che era goloso di savoiardi, paste di meliga e gianduiotti.
Tale immersione nell’Ottocento ci catapulta di rimbalzo anche a Pesaro, dallo chef Stefano Ciotti, che al ristorante Nostrano applica un concetto simile: serve piccoli pasticcini, di derivazione francese, come un omaggio a Gioacchino Rossini, compositore pesarese e noto goloso.
Una sterzata vigorosa ci porta da Alberto Gipponi, deus ex machina del Ristorante Dina nel bresciano, che, folgorato sulla via della piccola pasticceria, ne ha remixato ogni canone. Niko Romito del Casadonna Reale in Abruzzo dichiara il suo “arrivederci” ai clienti con della frutta compressa, cioè resa estremamente concentrata nel gusto grazie a un processo di osmosi, che libera dai vincoli tutte le sfumature vegetali.
Oltre che nella frutta, si può comprimere un gusto in una forma? Matias Perdomo, che sul gioco ha fondato il Contraste di Milano, era solito concludere il suo menu degustazione con i sapori dolci dei ricordi d’infanzia, diversi tra loro (Nutella, dulce de leche, fragola, panna…) e fusi in mattoncini Lego, combinabili e mangiabili all’infinito. 

E ancora la famiglia Cerea di Da Vittorio, Mauro Uliassi, Moreno Cedroni e Luca Abbadir, Nicola Di Lena e Marco Pinna, Antonino Cannavacciuolo, Ciro Scamardella, Riccardo Camanini, Davide Oldani, Enrico Bartolini.

Estratto di Luca Farina de La piccola Pasticceria del n° 39 di ItaliaSquisita
Photo Credits: "Arrivederci" di Niko Romito by Francesco Fioramonti

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