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I consigli emotivi del sommelier Giuseppe Palmieri
Maître sommelier del ristorante Osteria Francescana di Modena, Giuseppe Palmieri ci consiglia tre bottiglie del cuore: Serragghia, La Stoppa e Beltaine.
Giuseppe Palmieri è il maître sommelier del ristorante Osteria Francescana di Modena. In questa intervista l’esperto assaggiatore ci racconta tre bottiglie del cuore. Un bianco di Pantelleria vinificato in anfora, un vino vero del Piacentino e una birra alle castagne fatto da ragazzi davvero speciali. Sentiamo le parole dirette di Giuseppe Palmieri, sommelier e direttore di sala del grande chef Massimo Bottura (www.osteriafrancescana.it).
Ho un rapporto speciale con la coltura che è inevitabilmente cultura "biodinamica" o organica che dir si voglia. Mi sono avvicinato ai vini veri alla fine del 2000, dopo un bellissimo viaggio in Francia insieme al mio amico e maestro Fabio Luglio. Trovo irresistibile questo rapporto di amore e di dipendenza con il territorio: la terra in sé, la vite in vigna, il susseguirsi delle stagioni e delle diverse condizioni atmosferiche e ambientali che condizionano, nel bene e nel male, l'universo dei vini veri. Vorrei dedicare un'attenzione particolare all'argomento "vini veri, organici, biodinamici... anfore e affini": Non credo sia il caso di ghettizzare questi ultimi come vini diversi e considerare i vini convenzionali quali vini normali. Si è generata un po’ di confusione , perché si pensa che un vino vero sia necessariamente un vino aranciato, che puzza di stalla e quindi fa figo berlo solo perché considerato particolare!
Attenzione: la coltura naturale è una cosa completamente diversa: il vino è il frutto della terra, significa saper leggere in un bicchiere mille dettagli. Un vino è piacevolezza, dolcezza del frutto, grande complicazione ma in un contesto di assoluta semplicità. semplice è un vino immediato, diretto, accessibile. in alcuni casi, ho incontrato bottiglie fatte più per colpire che per accarezzare. Il vino è da sempre un complemento che accompagna l'uomo e lo gratifica. bisogna prescindere da un fenomeno di costume o di moda e guardare ai contenuti!
Ecco qualche esempio.
Gabrio Bini è un colto e raffinato milanese che vive in quel dell'isola del vento, Pantelleria. Come capita a tutti i visionari, ai sognatori, agli artisti, si è innamorato di questo zoccolo di terra emersa in mezzo al nostro meraviglioso mare, tra raffiche di vento e profumo di mediterraneità, dando spazio a una realtà unica e irripetibile: Serragghia (http://serragghia.it/). Serragghia vuol dire Zibibbo, secco e vinificato in anfora. Freschezza e rudezza, corto ma disarmante per immediatezza e indiscutibile sicilianità. La forza barocca e calorosa di tutti gli umori di una terra mai avara di colori nei sapori e di sapori tra i colori. Questa è la Sicilia che m'immagino: una terra che non ho ancora pestato, una terra che grazie ai vini di Gabrio mi sembra di conoscere da sempre. Nel suo bicchiere c'è il mare, c'è il vento. è resina e iodo; c'è la forza dei frutti che crescono con poche risorse, come il fico d'India. Spontanei e coriacei come solo al natura può fare: tutto questo è possibile solo quando l'uomo decide di interpretare un territorio. nel momento in cui noi decidiamo di imporre delle regole a Madre Natura, crolla il meraviglioso progetto della coltura organica.
Ageno è invece il vino bianco dell'azienda agricola La Stoppa di Rivergaro, in Val Trebbia (http://www.lastoppa.it/). Ageno vuol dire Malvasia, Trebbiano e Ortrugo. L'ultima è un'uva a bacca nera, le prime due uve gialle e anch'esse autoctone dell'Emilia dei Colli Piacentini: un vino rude, che dimostra potenza, esuberanza e alcolicità, caratteristiche tipiche di questo angolo della mia meravigliosa regione d'adozione. È un'altro vino vero, frutto dell'amore per i vini naturali di Elena Pantaleone (nella foto). Molto interessante è questo rapporto antitetico tra naso e palato, sgarbato e concreto. complesso e fresco. Un vino bianco vestito di rosso, un vino che volendo si presta a mille occasioni. La rudezza e la schiettezza sono due caratteristiche che lo rendono vero e autentico, come nessun altro vino bianco italiano di collina. Un bicchiere che è baluardo dello spirito di sacrificio di chi decide di fare vini veri, uno stile di vinificazione che va con forza contro chi fa coltura intensiva e omologazione del gusto.
Il terzo bicchiere d'affezione è del micro birrificio Beltaine di Granaglione di Bologna, a Monghidoro (http://www.beltaine.it/). Siamo nelle verdi e rigogliose colline e poi montagne di Bologna. Nel campeggio di Monghidoro vive un gruppo di ragazzi disagiati che finanziati da un istituto bancario, ha sviluppato un progetto incredibile: con l'aiuto di un grande maestro birraio belga, questi splendidi ragazzi hanno raggiunto grandi risultati con una birra bionda doppio malto a base di castagne affumicate e ginepro. È importante ricordare che Granaglione si trova nel cuore del parco di Monghidoro, un immenso castagneto secolare, ricco di erbe e piante spontanee. Il maestro belga esperto e appassionato ha diligentemente deciso di sfruttare le risorse del territorio per mettere in condizione i ragazzi di fare una piccola ma grande birra! Raccolgono le castagne, le affumicano col legno delle stesse. macinano le castagne affumicate in uno storico mulino e utilizzano la farina ottenuta, per fare questa meravigliosa, fresca , golosa e sorprendente birra che gode di un tocco di freschezza dato dal ginepro. È importante ricordare a tutti che le persone disagiate sono una risorsa nel momento in cui noi interpretiamo al meglio le loro capacità: questi ragazzi, con maniacalità e grande precisione, lavorano a questa birra, con un' attenzione che noi considerati "normali" evidentemente non sempre siamo in grado di dimostrare. Senza distrazioni e con grande amore per il compito che gli è stato affidato, a mio modesto parere, in quel di Bologna producono la birra più buona d'Italia!
Foto by Paolo Terzi, Per-Anders Jorgensen, Identità Golose, The natural wine fair, Michele Grazia