Vincenzo Colao: il mare e il ruolo centrale della pasta in una cucina in continua evoluzione
Nel cuore di Trastevere, tra le strade che raccontano la Roma più autentica, Ripa 12 è da oltre trentacinque anni un punto di riferimento per la cucina di pesce della Capitale. Un ristorante che nasce da una storia familiare solida e appassionata: quella della famiglia Colao, guidata oggi da Vincenzo, cresciuto tra il profumo del pescato, la vita di sala e la naturale inclinazione all’ospitalità.

Ripa 12 è stato tra i primi locali romani a credere nel valore del crudo di pesce, introducendo l’abbattitore quando ancora non se ne parlava. Tra i piatti simbolo, una spigola a carpaccio semplicissima – olio extravergine, sale, limone – che ancora oggi è tra i più richiesti. Accanto alla cucina, un altro tassello fondamentale dell’identità del ristorante: la cantina. Vincenzo ha un percorso da sommelier e poi da master sommelier, con approfondimenti su Champagne e Borgogna. «Il vino», dice, «va raccontato prima ancora di essere bevuto».

Nel menu di Ripa 12 la pasta è una protagonista discreta ma essenziale: un ponte tra il mare e la tradizione. Nessun eccesso, nessun sovraccarico: «Cerchiamo ricette che esaltino il gusto della pasta senza coprirlo, lasciando emergere il pescato».
È anche per questo che Vincenzo lavora con convinzione con la linea Barilla Al Bronzo, di cui ha seguito da vicino anche i test sensoriali. Trama, ruvidità, masticabilità: caratteristiche che considera determinanti. «Quella consistenza sotto i denti dà quasi la sensazione di un prodotto proteico. È un valore da proteggere».

Così, a pochi passi dall’acqua dolce del Tevere, Ripa12 si consolida come uno di quei ristoranti che non hanno bisogno di alzare la voce per essere riconosciuti: parlano attraverso la precisione del gesto, la pulizia del gusto, la capacità di emozionare senza effetti speciali.
E forse è proprio qui, nella semplicità che richiede coraggio, che si misura oggi la maturità di Vincenzo Colao: uno chef che non rincorre la scena, ma la costruisce, un servizio dopo l’altro.
La radice di questa storia affonda negli anni Settanta, quando il padre di Vincenzo arriva a Roma in un’epoca in cui i ristoranti erano anche luoghi d’incontro culturale. Locali con orchestra, cantanti, musicisti: un’energia vibrante che ha formato la visione gastronomica della famiglia. Nel 1990 nasce Ripa 12, nel quartiere di Trastevere, quasi come una scommessa. Oggi quel progetto è diventato una certezza: una cucina che vive ogni mattina con l’arrivo del pescato, materia prima mai allevata, sempre pescata, fresca, sempre rispettata.

Ripa 12 è stato tra i primi locali romani a credere nel valore del crudo di pesce, introducendo l’abbattitore quando ancora non se ne parlava. Tra i piatti simbolo, una spigola a carpaccio semplicissima – olio extravergine, sale, limone – che ancora oggi è tra i più richiesti. Accanto alla cucina, un altro tassello fondamentale dell’identità del ristorante: la cantina. Vincenzo ha un percorso da sommelier e poi da master sommelier, con approfondimenti su Champagne e Borgogna. «Il vino», dice, «va raccontato prima ancora di essere bevuto».
Il rapporto di Vincenzo con la pasta nasce in famiglia, dalle sue origini calabresi. Racconta sua nonna, che impastava farina di grano duro e acqua senza pesare nulla: solo mani, esperienza e sensibilità. Da quei gesti nasce il primo ricordo gustativo della pasta come simbolo della tavola italiana, della convivialità, dell’essere insieme.

Nel menu di Ripa 12 la pasta è una protagonista discreta ma essenziale: un ponte tra il mare e la tradizione. Nessun eccesso, nessun sovraccarico: «Cerchiamo ricette che esaltino il gusto della pasta senza coprirlo, lasciando emergere il pescato».
È anche per questo che Vincenzo lavora con convinzione con la linea Barilla Al Bronzo, di cui ha seguito da vicino anche i test sensoriali. Trama, ruvidità, masticabilità: caratteristiche che considera determinanti. «Quella consistenza sotto i denti dà quasi la sensazione di un prodotto proteico. È un valore da proteggere».
Per il progetto degli Artisti della Pasta, Vincenzo ha scelto un piatto che interpreta perfettamente il suo stile: Linguine con crema di cime di rapa, ricci di mare freschi e pane tostato. Un equilibrio essenziale, che lascia trasparire la ricchezza della pasta e la purezza del mare.
Accanto a questo, un altro piatto molto amato: linguine con crema di aglio nero e tartare di gamberi rossi. Pochi ingredienti, grande personalità. «La pasta deve sentirsi, il pescato deve sentirsi. Non servono mille elementi».La creatività però non manca: Ripa 12 propone anche chips di pasta realizzate con rigatoni o fusilli, utilizzate come aperitivo o persino per un dessert che gioca sul contrasto tra la parte sapida naturale della pasta e il dolce.

Così, a pochi passi dall’acqua dolce del Tevere, Ripa12 si consolida come uno di quei ristoranti che non hanno bisogno di alzare la voce per essere riconosciuti: parlano attraverso la precisione del gesto, la pulizia del gusto, la capacità di emozionare senza effetti speciali.
E forse è proprio qui, nella semplicità che richiede coraggio, che si misura oggi la maturità di Vincenzo Colao: uno chef che non rincorre la scena, ma la costruisce, un servizio dopo l’altro.