Tra arte e cucina con Sybil Carbone in Liguria

“Una lotta tra mano e cervello”: così Sybil Carbone definisce la sua cucina: un campo di battaglia tra i suggerimenti dell’istinto e quelli - decisamente più misurati - della ragione. «La mia forza è l’improvvisazione e il mio problema la mente» scherza.

Due spinte diverse che hanno governato la sua vita dall’inizio, da quando si è iscritta all’Accademia di Belle Arti invece di seguire la passione per la cucina. La decisione di provarci davvero è arrivata dopo la laurea, quando Sybil è tornata ad Alassio, dove è cresciuta, una città diventata «una località turistica che aveva smarrito tutte le tradizioni. Io ho deciso di riannodare un legame che si era perso».

Papèi da Turta nasce come locale di cibo da strada: panissa, frittelle di baccalà, tapenade. La formula piace, i clienti arrivano, ma la svolta arriva qualche mese dopo, quando Sybil incrocia un’intervista a Massimo Bottura: «Parlava di cucina e arte contemporanea, e lì ho capito che potevo unire le due cose. Ho iniziato a studiare in maniera maniacale».

Dualità tra istinto e ragione anche nei maestri: da una parte la poesia di Bottura, dall’altro la disciplina e il rigore di Cracco, conosciuto durante la partecipazione a Hell’s Kitchen nel 2014. «Ma non ho mai avuto maestri nel senso proprio del termine. Continuo a considerarmi un’autodidatta, una giocatrice libera che non segue le regole».

I piatti di Sybil partono da ricette della nonna che le persone condividono con lei, da libri che hanno decenni di vita: «io non direi di ‘rivisitare’: tolgo, cerco di arrivare a una purezza del sapore totale». Piatti del ritrovarsi: acciughe essiccate servite con una bisque calda, ricordo del classico bagnetto di acciughe ligure; la bouillabaisse con polpettine di calamaro ricca di quelle correnti francesi che attraversano la regione; pansotti alle noci serviti con aria d’aglio.

Un piacere di stare a tavola che per Sybil è importante da ogni punto di vista. «Non sopporto i ristoranti dove ti siedi e ‘aspetti la messa’. Per quanto alta possa essere la cucina, il rapporto umano deve essere quello di una trattoria».

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