Heinrich Schneider: l'uomo dei boschi

L'ambasciatore del nuovo numero della rivista, Heinrich Schneider, racconta la sua cucina attraverso le memorie silvestri che lo contraddistinguono. Foragin, ricerca, territorio e un attenzione maniacale ai "doni" della foresta. 
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Heinrich è un cuoco due stelle che lavora in un Relais & Chateaux da sogno sulle montagne sopra a Bolzano. Nella sua vita professionale dovrebbe aver avuto un nutrito numero di esperienze in cucina, in giro per il mondo, tante avventure spese con colleghi, maestri e super compagni di brigata pronti a scalare le vette dell'avanguardia gastronomica. Invece no, qua si sta parlando di qualcosa di differente, di insolito, di particolarmente unico. Heinrich Schneider infatti, gentile e posato chef patron insieme alla sorella Gisela, ha vissuto i suoi 48 anni quasi interamente negli stessi luoghi in cui è nato e cresciuto: le foreste della Val Sarentino in Alto Adige.
 

Ma tutto ciò non è stato un impedimento per lui, non è stata una barriera per evolvere e far crescere le proprie capacità professionali, è stata invece una scelta illuminante e totalizzante, perché stando nella sua natura selvaggia ha sviluppato una naturale indipendenza e forza di creazione impareggiabile, che forse solo lui può vantare nell'universo dei grandi chef italiani. Un po' come il filosofo Immanuel Kant, che visse tutta la propria esistenza nella città di Königsberg, ma che sviluppò un pensiero talmente alto e profondo da far riflettere tutte le culture del mondo. A dispetto quindi di tutti i recenti curricula dei grandi cucinieri contemporanei – chi è stato di qua in Francia, chi di là in Spagna o in nord Europa, chi si è fatto incantare dall'Asia o dalle Ande peruviane – Heinrich ha fatto la gavetta in famiglia, tra gli alberi della sua valle, tra erbe e animali selvatici, permettendosi raramente qualche uscita formativa. È quindi la casata Schneider ad aver dato l'imprinting e la cultura gastronomica al giovane cuoco, fin dai primi allenamenti palatali. 

 
«Tutte e due le mie nonne erano molto in gamba in cucina. Mio padre era originario della Germania, mia madre di qua, della valle. Mia nonna materna è cresciuta nel Sarentino, sguazzando nelle ricette contadine e tanti dolci della tradizione. La mamma del papà invece aveva origini diverse, era tedesca e abitava vicino alla Foresta Nera nella regione Baden-Württemberg, patria di Schelling ed Hegel nonché delle fiabe dei fratelli Grimm. Ogni anno io e Gisela stavamo un mese dalla nonna in Germania e mi ricordo ancora la domenica, dopo la chiesa, il suo arrosto di capriolo con i funghi, strepitoso. Invece la nonna di Sarentino cucinava sempre lo Striezl, il pane fritto nell'olio (a quei tempi si usava lo strutto!) con farina di segale e farina di grano, arricchito dall'erba cipollina. Li mangiavamo caldi, appena fatti, la memoria di quel sapore è ancora palpabile...». Heinrich Schneider nasce e cresce quindi in un contesto incantato, in una cultura italo-germanica speciale, che già inglobava ad arte due aspetti fondamentali per il futuro del grande cuoco: la cucina e la natura.
«Mio padre era un cacciatore: caprioli e camosci erano i suoi preferiti. Si usciva insieme la mattina presto o nel pomeriggio e tornavamo sempre con qualcosa: a volte si riusciva a catturare anche un uccellino molto gustoso, il Francolino di monte, ed era buonissimo quando mia madre lo cucinava con i finferli. Ma comunque quella di mio padre era una passione forte per il cibo, che mia madre rafforzava nella cucina grande entusiasmo. Mio padre per esempio, quando andavamo in Francia, portava sempre me e mia sorella Gisela in ristoranti stellati e quindi, insieme alla mia infanzia condivisa nelle cucine dell'albergo, ho iniziato ad amare la cucina di qualità fin dall'inizio. È sempre stato un gastronomo, lui, e mia madre una grande cuoca. Mi ricordo le sue lumache e le ostriche, mangiate da piccoli, che spettacolo!».  
Quando parla i suoi occhietti azzurri diventano ancora più piccoli, come se l'emozione per i primi ricordi culinari offuschino la visuale di tutto il resto. Heinrich ha la classica flemma, educazione e riservatezza degli altoatesini, quando parla a volte sussurra per non disturbare, ma quando si rilassa e narra il suo passato sembra divertirsi, fiero e col sorriso stampato in faccia.Racconta come è nato l'albergo di famiglia, il vecchio Auener Hof, diventato negli ultimi anni il prestigioso Terra: «Nei vecchi tempi non c'era nulla qui intorno all'albergo, solo un sentiero e si scendeva in paese a cavallo o a piedi. Nel '76 i miei genitori aprirono però l'hotel e tutto incominciò a organizzarsi: strade, elettricità, acqua corrente, telefono... Hanno speso molto, sia come energia mentale che economicamente, poiché non c'era davvero proprio niente per collegare la struttura al mondo esterno. Io sono nato nel 72 e quindi la mia vita si è davvero sviluppata qui in albergo, in mezzo alle montagne, tra passeggiate illuminanti e i primi esperimenti in cucina. Ormai sono quasi 35 anni che cucino, e ne ho solamente 48 di vita. Non male è?». Sorride, ora inizia a divertirsi e novellare forte. 

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