Davide Del Duca: un’anima ciociara nel gourmet romano
Davide Del Duca nasce nel 1982 in Ciociaria e ne è orgoglioso. Quel lembo di terra nel centro Italia gli ha donato un senso di appartenenza, una determinazione e una voglia di andare in profondità nelle cose (e, quindi, anche nei piatti) rari. Durante gli studi alberghieri, iniziati a Roma e conclusi a Rieti, grazie a un professore illuminato, ha sempre lavorato nel fine settimana, poiché non ama stare fermo. Concluso il percorso formativo, collabora con la famiglia Troiani a Roma e a Tivoli, per poi continuare con Cristina Bowerman al Glass Hostaria e al Tordomatto a Zagarolo con Adriano Baldassarre.

Oggi è all’Osteria Fernanda a Porta Portese, aperta nel 2006, dove ha convinto la proprietà a proporre una ristorazione gourmet, ma alla portata di tutti. Chef Davide fonda la sua cucina sui gesti, sulle culture e cotture antiche, sulle fermentazioni e sui fiori della terra, cioè le radici, ma soprattutto sulla complessità del cibo, che passa da tante sfaccettature. Lavorando su contrasti, profondità degli ingredienti e luoghi di appartenenza (Lazio in primis), nascono portate come il Sedano rapa con levistico, genziana e liquirizia, le carni cotte lentamente e solo in osso o un dessert a base di aglio nero, gelato di birra scura e bucce di tuberi fritte.

E poi c’è la pasta, che chef Del Duca ha assunto come compagna di viaggio, partendo dai ricordi di quelle Fettuccine con le rigaglie di pollo e gallina o da quelle Lasagne cotte nel forno a legna che sapevano tanto di casa. Per lui, la pasta secca è il perfetto mezzo per sviluppare tecniche di cottura o idratazioni diverse, come nei Rigatoni cotti in estrazione di radici (sia fermentate che tostate) e conditi con le lumache, per esaltare quel senso di appartenenza alla terra e ai propri sapori così forte in lui. Un altro esempio della mano ancestrale di Davide è nello Spaghetto con melanzana bruciata, che viene cotta alla brace e la cui pelle va a formare una sorta di nero di seppia vegetale, con cui si condisce la pasta, precedentemente cotta in acqua di pomodoro, per darle acidità e complessità ulteriore, terminandola con gamberi rossi crudi, pistacchio e coriandolo.

Per Barilla Al Bronzo, Del Duca ha voluto parlare di mare, abbandonando la terraferma, ma tenendo comunque ben saldo il linguaggio di profondità degli elementi. Gli Spaghetti Al Bronzo con sconcigli (o murici), anacardi, emulsione di cannolicchi e paccasassi marinati sanno di mare, ma non di quello calmo, vicino alla costa, bensì di quello profondo e totale. I cannolicchi guidano verso questo abisso nobile del gusto, mentre gli anacardi avvolgono il palato, con gli sconcigli che hanno un ruolo fondamentale: sono callosi, con un mordente tenace, che invita a fare quello che chef Davide consiglia sempre: assaporare tutto lentamente, prendendosi il giusto tempo per godere di questi istanti di profondità, che siano di terra o di mare.

Oggi è all’Osteria Fernanda a Porta Portese, aperta nel 2006, dove ha convinto la proprietà a proporre una ristorazione gourmet, ma alla portata di tutti. Chef Davide fonda la sua cucina sui gesti, sulle culture e cotture antiche, sulle fermentazioni e sui fiori della terra, cioè le radici, ma soprattutto sulla complessità del cibo, che passa da tante sfaccettature. Lavorando su contrasti, profondità degli ingredienti e luoghi di appartenenza (Lazio in primis), nascono portate come il Sedano rapa con levistico, genziana e liquirizia, le carni cotte lentamente e solo in osso o un dessert a base di aglio nero, gelato di birra scura e bucce di tuberi fritte.

E poi c’è la pasta, che chef Del Duca ha assunto come compagna di viaggio, partendo dai ricordi di quelle Fettuccine con le rigaglie di pollo e gallina o da quelle Lasagne cotte nel forno a legna che sapevano tanto di casa. Per lui, la pasta secca è il perfetto mezzo per sviluppare tecniche di cottura o idratazioni diverse, come nei Rigatoni cotti in estrazione di radici (sia fermentate che tostate) e conditi con le lumache, per esaltare quel senso di appartenenza alla terra e ai propri sapori così forte in lui. Un altro esempio della mano ancestrale di Davide è nello Spaghetto con melanzana bruciata, che viene cotta alla brace e la cui pelle va a formare una sorta di nero di seppia vegetale, con cui si condisce la pasta, precedentemente cotta in acqua di pomodoro, per darle acidità e complessità ulteriore, terminandola con gamberi rossi crudi, pistacchio e coriandolo.

Per Barilla Al Bronzo, Del Duca ha voluto parlare di mare, abbandonando la terraferma, ma tenendo comunque ben saldo il linguaggio di profondità degli elementi. Gli Spaghetti Al Bronzo con sconcigli (o murici), anacardi, emulsione di cannolicchi e paccasassi marinati sanno di mare, ma non di quello calmo, vicino alla costa, bensì di quello profondo e totale. I cannolicchi guidano verso questo abisso nobile del gusto, mentre gli anacardi avvolgono il palato, con gli sconcigli che hanno un ruolo fondamentale: sono callosi, con un mordente tenace, che invita a fare quello che chef Davide consiglia sempre: assaporare tutto lentamente, prendendosi il giusto tempo per godere di questi istanti di profondità, che siano di terra o di mare.
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