Da Barcellona a Monza: la cucina di Lorenzo Sacchi

Quello di Lorenzo Sacchi non è un amore ereditato per la cucina. I suoi genitori fanno tutt’altro mestiere, ma già alle scuole medie lui sapeva di voler intraprendere una strada diversa. Mentre i compagni prediligevano il liceo, lui scelse l’alberghiero, deciso a sorprendere e a mettersi alla prova. La determinazione non gli è mai mancata: Sacchi affronta ogni scelta con passione e con la volontà di portarla fino in fondo.

Dopo la scuola arrivano le prime esperienze, poi la svolta: sei anni a Barcellona nella brigata del grande chef spagnolo Martín Berasategui. Un periodo che considera la sua vera università, professionale e umana. È lì che cresce come persona e come cuoco, imparando la gestione della cucina e delle persone. Ancora oggi, davanti alle decisioni difficili, si chiede spesso: «Cosa avrebbe fatto il mio chef?».

Tra le figure che hanno segnato il suo percorso ci sono Xabi Goikoetxea e Paolo Casagrande. Con loro Sacchi ha condiviso anni intensi di lavoro, imparando metodo, organizzazione e rispetto per la brigata. Il legame con quell’esperienza è rimasto vivo: Sacchi mantiene contatti con la brigata spagnola e torna spesso a confrontarsi con loro, anche oggi che insegna periodicamente a Barcellona. Quando, il 5 novembre 2024, Il Circolino ha conquistato la sua prima stella, Berasategui lo ha chiamato per congratularsi. «Gli ho detto che quel traguardo non sarebbe stato possibile senza di lui» ricorda Lorenzo «e lui mi ha risposto che la gratitudine è una cosa rara e importante in questo mestiere». Parole che lo chef conserva come un promemoria di riconoscenza.



A Il Circolino, a Monza, guida oggi una cucina che ha trovato la propria voce.
L’idea iniziale era raccontare il territorio, ma presto lui e il suo team si rendono conto che non sarebbe stato coerente con la loro identità. Con lui ci sono Maria Sainz, direttrice di sala, e Juan Josè Sanz, amico e braccio destro: tutti e tre arrivano da esperienze spagnole e condividono un’idea di cucina fatta di precisione, ritmo e autenticità.

Così nasce una carta che ha assunto una forte impronta spagnola: prodotti locali e mediterranei si intrecciano in piatti dal linguaggio contemporaneo, capaci di unire tecnica e memoria. Tra le creazioni più rappresentative compaiono preparazioni come il Gambero rosso con formaggio di capra, dashi di Jamón Ibérico, insalata di alghe e mandorla, o la Tartare di calamaro con guisantes del Maresme, tuorlo ed emulsione di mandorle e baccalà, che raccontano chiaramente tutto il percorso di Sacchi e il legame con la cultura gastronomica che lo ha formato.

A Monza, dove la tradizione è già ben rappresentata, lo chef ha voluto portare qualcosa di diverso: un racconto sincero del suo percorso, in cui ogni piatto è un gesto di riconoscenza verso ciò che lo ha formato.



La pasta, per lui, è soprattutto ricordo. I suoi primi esperimenti ai fornelli nascono proprio da lì, dal desiderio di migliorare quelle quattro o cinque ricette di famiglia. Poi c’è un’immagine che non lo ha mai abbandonato: la mattina della sua prima maratona, nel 2014, si preparò un piatto di pasta in bianco con un filo d’olio prima della gara. Da allora è diventato il suo rito scaramantico, un modo per ritrovare la concentrazione prima di ogni sfida.

Nel ristorante invece, la pasta è presente ma con misura. «Abbiamo un piatto in carta perché siamo in Italia, ma non è il cuore del menù» spiega. Fino a poco tempo fa proponeva uno spaghetto alle vongole, cotto in un brodo di zucchine alla brace e mantecato con colatura d’alici, finocchietto e una salsa iodata alle ostriche, completato con polvere di limone nero. Ora sta lavorando a un nuovo piatto con brodo di cicale di mare, che promette la stessa intensità.

Per il progetto Barilla Al Bronzo invece, ha creato gli Spaghettoni con colatura di alici, asparago bianco, caviale e caffè. «Prediligo la pasta trafilata al bronzo per la sua matericità: la porosità, la tenuta, la capacità di assorbire il condimento. Amo toccarla, sentirne la consistenza e il profumo del grano. E quando cerco conforto, torno sempre a un piatto di pasta in bianco, semplice, condito solo con olio». In queste parole c’è tutta la filosofia di Lorenzo Sacchi: la purezza del grano che parla da sé, senza artifici. Proprio come la sua cucina.


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