Cristiano Tomei: l'irrefrenabile cuoco di gusto
Viareggio 1974. Un bambino fortunato di nome Cristiano vive crescendo sul mare, col nonno di Camaiore e casa sull’Appennino tosco-emiliano. Un’infanzia in altalena tra mare, montagna e collina, alle volte pure al lago, quello famoso dove Giacomo Puccini si divertiva a cambiare la storia della musica. E in questi luoghi giù a giocare, a convivere con la natura e con le personalità più particolari delterritorio e della famiglia, e nel frattempo a sensibilizzare il palato con miriadi di ingredienti e ricette.
«È il vissuto che forma il palato e l’approccio alla cucina, poi c’è il lavoro e le esperienze che rinvigoriscono e la fantasia che si agita nel cervello». Cristiano Tomei mangiava bene già da piccolo, un buongustaio con i pantaloncini corti che godeva seduto a tavola. Alla faccia dei bimbi di adesso che si annoiano dopo la prima sforchettata e sognano subito il tablet sotto i polpastrelli. La dopamina che vince sull’arte della tavola insomma, inconcepibile per lo chef di Viareggio. Sì, perché Cristiano Tomei è diplomato all’Istituto Tecnico Nautico Artiglio di Viareggio, nessuna scuola alberghiera nel suo passato; per lui, per fare il cuoco, bisogna avere predisposizione e tante esperienze nella vita.
È necessario avere un palato esigente per avere una marcia in più, non soltanto tecnica e metodo: «In passato sbagliavo in cucina, facevo piatti solo per stupire e privilegiavo la tecnica rispetto al gusto; ora è quasi il contrario. Il cuoco deve essere sempre sé stesso e raccontare i gusti con cui è cresciuto, naturalmente». Basta dunque al gastronanismo (neologismo abbastanza intuibile nel suo significato, che si potrebbe tradurre come “la tendenza a cucinare e a creare piatti gastronomici più per il piacere personale del cuoco che per la soddisfazione del cliente”) e via le porte aperte al gusto dei ricordi, delle esperienze, a una creatività che parte da un sogno personale e che fa poi sognare gli altri.
«È il vissuto che forma il palato e l’approccio alla cucina, poi c’è il lavoro e le esperienze che rinvigoriscono e la fantasia che si agita nel cervello». Cristiano Tomei mangiava bene già da piccolo, un buongustaio con i pantaloncini corti che godeva seduto a tavola. Alla faccia dei bimbi di adesso che si annoiano dopo la prima sforchettata e sognano subito il tablet sotto i polpastrelli. La dopamina che vince sull’arte della tavola insomma, inconcepibile per lo chef di Viareggio. Sì, perché Cristiano Tomei è diplomato all’Istituto Tecnico Nautico Artiglio di Viareggio, nessuna scuola alberghiera nel suo passato; per lui, per fare il cuoco, bisogna avere predisposizione e tante esperienze nella vita.
È necessario avere un palato esigente per avere una marcia in più, non soltanto tecnica e metodo: «In passato sbagliavo in cucina, facevo piatti solo per stupire e privilegiavo la tecnica rispetto al gusto; ora è quasi il contrario. Il cuoco deve essere sempre sé stesso e raccontare i gusti con cui è cresciuto, naturalmente». Basta dunque al gastronanismo (neologismo abbastanza intuibile nel suo significato, che si potrebbe tradurre come “la tendenza a cucinare e a creare piatti gastronomici più per il piacere personale del cuoco che per la soddisfazione del cliente”) e via le porte aperte al gusto dei ricordi, delle esperienze, a una creatività che parte da un sogno personale e che fa poi sognare gli altri.
Ma dopo aver spulciato nella memoria dello chef Tomei, la domanda sorge spontanea: ma allora qual è il suo stile di cucina? Perché è da considerarsi un Ambasciatore della cucina italiana? «Ogni cuoco ha il suo stile, e fin qua tutto banale. Per il cuoco tuttavia la cosa complicata è capire lo stile che più gli si confà, introiettare il coraggio di prendere una via ben precisa o eventualmente crearsi da sé la propria filosofia». E così ha fatto Cristiano per la cucina del suo ristorante di Lucca L’Imbuto, così erudita ma senza darsi arie, così sofisticata ma dal gusto immediato e godereccio, così nuova ma allo stesso tempo così primitiva, a volte “animalesca” per la voracità con cui la si consuma al tavolo.
Estratto di Carlo Spinelli di "Cristiano Tomei" nel n°41 di ItaliaSquisita
Photo credits: Lido Vannucchi