L’attitudine dell’insegnamento di Valeria arriva da lontano. Risale all’infanzia, ai primi rudimenti in cucina appresi – o, meglio, rubati con gli occhi – da Nonna Ada e dalla mamma; al legame con il padre, agricoltore; all’ingresso da giovanissima nella trattoria dei genitori di Maurizio Menichetti, suo moroso di allora e poi marito, dove Angela, sua futura suocera, la introduce al mondo della pasta.
Quella che era la trattoria di Carisio, detto Caino, il papà di Maurizio, e di Angela, sua madre, diventa ben presto il posto dove Valeria e suo marito rodano il futuro, lei in cucina, lui in sala, appassionato di vino e suo grande narratore.
Nuove tecniche di cottura, nuovi ingredienti in una cucina sempre intimamente e orgogliosamente connessa alla memoria, alle radici, alla Maremma, madre ispiratrice e generosa dispensatrice di straordinaria materia prima.
Rigore. Pazienza. Insegnamento. Ascolto. Rispetto. Sostenibilità. Manualità. Territorialità. Silenzio. Sì, anche silenzio, fondamentale quando si è assorti nel proprio lavoro e ogni distrazione può rivelarsi fatale per l’esito finale. Sono solo alcune delle parole chiave del lessico di Valeria, il suo mantra quotidiano, quelle che tornano spesso in quello che fa e dice, nella trasmissione del suo sapere e della sua esperienza alle giovani leve che hanno la fortuna di entrare nella sua cucina e farsi adottare come figli.
Estratto di "Valeria Piccini Ristorante Caino" di Danilo Giaffreda nel N° 42 di ItaliaSquisita.