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NSC & Saga Farmann: cultura norvegese sempre in movimento

La Saga Farmann riapproda al porto di Genova per raccontare cultura e tradizioni vichinghe, anime fondanti della storia norrena.
Tutto cominciò con un naufragio
Nel 1432, il mercante veneziano Pietro Querini naufragò nel Canale della Manica. La scialuppa portò i superstiti sull'isola di Røst, nella Norvegia settentrionale. Lì gli isolani li accolsero e, durante l'inverno, Querini sviluppò un gusto per il pesce essiccato, che era praticamente tutto ciò che c'era da mangiare. Quando Querini tornò nella sua città natale, portò con sé il ricordo del buon sapore dello stoccafisso. Va detto che già nell'’800 i Vichinghi “esportavano” pesce essiccato in Inghilterra, Danimarca e altri Paesi. Tuttavia, non c'è dubbio che sia a Røst che in Veneto, Querini sia considerato il padre dello stoccafisso italiano.

Lo stoccafisso è ricavato dallo skrei, un tipo di merluzzo artico, conosciuto dai Vichinghi come skreid, che significa "il pesce che viaggia", ad indicare lunghi viaggi. E ha viaggiato davvero: dal Mare di Barents alla costa della Norvegia settentrionale e, come prodotto raffinato, anche più lontano: in tempi moderni a livello globale, ma soprattutto in Italia, Spagna, Portogallo, Nigeria e Brasile. Per secoli, lo stoccafisso è stato un alimento base per milioni di persone.

Sono stati il sole e il vento a creare lo stoccafisso, e sono il sole e il vento ad aver portato la Saga Farmann a Genova. Questo tipo di nave era il vero cavallo di battaglia dell'Età Vichinga e del Medioevo, collegando la Norvegia al mondo e unendo la nostra lunga costa. Oggi, la Saga Farmann funge da ambasciatrice della storia marittima ma rappresenta anche una tecnologia all'avanguardia: con i suoi quattro motori elettrici, la Saga Farmann è infatti la nave vichinga più moderna del mondo.

Cucina
Lo stoccafisso è ancora molto popolare in Italia, con numerose ricette regionali tradizionali apprezzate in tutto il paese. Oggi, è anche considerato una delicatezza. Lo chef Ivano Ricchebono, del ristorante stellato Michelin "The Cook" a Genova, ha presentato un piatto chiamato "Stoccafisso Antica Genova e non solo" in occasione della sua nomina ad Ambasciatore dello Stoccafisso nel 2020.

I nostri antenati Vichinghi, invece, amavano cuocere a fuoco lento pezzi di merluzzo in acqua salata. Spesso, usavano lo stoccafisso in modo più semplice: staccandone scaglie – come patatine. Senza lo stoccafisso come provvista, è difficile immaginare i lunghi viaggi dei Vichinghi: lo stoccafisso, infatti, forniva cibo nutriente senza data di scadenza, e rendeva possibile sopravvivere a lunghi viaggi ad esempio verso la Groenlandia, la Russia e in profondità in Europa – persino in America, 500 anni prima che il genovese Colombo salpasse verso ovest. Sono tentato di pensare che lo stoccafisso facesse parte delle provviste anche a bordo delle navi di Colombo – dopotutto, conosceva bene il prodotto dalla sua città natale, dove veniva importato dalla Norvegia.
È del tutto possibile che la nave di Klåstad – di cui la Saga Farmann è una replica – trasportasse stoccafisso e altre merci tra porti di trasbordo come Kaupang e Hedeby intorno all'anno 1000.

Aprire le porte all'Europa
Lo stoccafisso è una vera e propria bomba energetica, dal momento che è costituito, dopo l'essiccazione, per quasi l'80% da proteine. Le navi vichinghe erano relativamente piccole e trasportavano molti membri dell'equipaggio, nutrire tutti durante viaggi in mare di settimane era una sfida, e lo stoccafisso era la soluzione ideale: un chilo di pesce essiccato diventa cinque chili di cibo una volta reidratato. E a differenza del pesce salato, lo stoccafisso può essere ammollato nell’acqua di mare. Così, i Vichinghi potevano sfamare grandi equipaggi con provviste leggere e poco ingombranti. Cinquanta chili di stoccafisso si trasformavano in 250 chili di cibo ricco di proteine – perfetto per gli uomini forti che remavano o manovravano le vele attraverso mari aperti.

I Vichinghi producevano molto più stoccafisso di quanto ne avessero bisogno per loro stessi. Fu lo stoccafisso stesso ad aprire le porte della Norvegia all'Europa, e i Norvegesi furono i primi a trasportarlo all'estero. Nel 1300, lo stoccafisso rappresentava infatti l'80% delle esportazioni nazionali della Norvegia. In epoca cattolica, la domanda di stoccafisso aumentò significativamente, essendo un alimento tipico per i periodi religiosi di digiuno.

La parola tørrfisk (pesce essiccato) deriva dall'antico norreno stokkfisker, che significa "pesce bastone". Querini si riferiva al merluzzo come stocfisi. Forse gli Italiani avevano già una certa familiarità con il nome stocfisi? Stockafix è menzionato nei ricettari del cuoco romano Marcus Gavius Apicius, vissuto nel primo secolo d.C., le cui ricette erano scritte in latino. Non siamo certi che si riferisse al merluzzo, ma è un pensiero intrigante.

Seguire la storia del merluzzo equivale a seguire la formazione della nazione norvegese. Furono i proventi del merluzzo – in particolare del merluzzo essiccato – a rendere infatti possibile l'istituzione della Chiesa, del servizio civile e della monarchia. La costruzione della Cattedrale di Nidaros, il santuario nazionale della Norvegia, fu finanziata dai proventi della vendita dello stoccafisso. Senza di esso, probabilmente non ci sarebbe stata quasi nessuna popolazione nel Nord della Norvegia. Fu lo stoccafisso a rendere Bergen uno dei più grandi centri commerciali del Nord Europa. Oggi, lo stoccafisso detiene in Norvegia lo stesso status del prosciutto di Parma in Italia – ed entrambi sono il risultato di una raffinata artigianalità e di lunghe tradizioni di essiccazione all'aria.

2,000 anni di relazioni tra Italia e Norvegia
Fatto poco noto ai più, è che il moderno commercio dello stoccafisso fu sviluppato da una compagnia di navigazione, chiamata Thorensen, legata a Tønsberg, il porto di origine della Saga Farmann. L'annuale festival del baccalà a Tønsberg è tutt’oggi uno degli eventi più popolari della città vichinga, e utilizza lo stoccafisso come ingrediente principale.

Gettare l'ancora nella città natale di Cristoforo Colombo, ossia Genova, invita ad una riflessione, cioè che non è la prima volta che i marinai vichinghi "incontrano Colombo". Nel 1893, la Viking, una replica della nave di Gokstad, navigò infatti a Chicago per l'Esposizione Universale, e anche una replica della Santa Maria di Colombo compì questo viaggio. Entrambe le navi simboleggiarono la scoperta dell'America.

Il legame tra Italia e Norvegia racchiude molte storie: fu il dirigibile di Umberto Nobile a permettere il volo sul Polo Nord nel 1926 — una spedizione guidata da Roald Amundsen, di cui è possibile ammirare la statua a Tønsberg. E il cittadino globale Thor Heyerdahl di Larvik scelse l'Italia come sua seconda patria. Mentre parliamo, una nuova replica della nave di Gokstad è in costruzione a Tønsberg.

È chiaro che l'Italia, come nazione profondamente basata sulla cultura, è stata d'ispirazione per ambiziosi Norvegesi — spesso artisti desiderosi di sfuggire al suolo pietroso di casa: Henrik Ibsen, Sigrid Undset, Henrik Wergeland, Edvard Grieg, Bjørnstjerne Bjørnson, Camilla Collett e Jonas Lie.

Ma anche i Vichinghi, e i loro discendenti medievali, cercarono l'Italia — a volte per saccheggiarla, altre volte per servire nell'esercito romano, o come pellegrini e crociati. Uno di loro fu Erling Skakke, che costruì la più grande chiesa rotonda del Nord — l'unica in Norvegia — a Tønsberg.

Forse non è un caso che la scultura in bronzo della Lupa Capitolina, il simbolo primordiale dell'Impero Romano, si trovi a Tønsberg — ed è l'unica in Scandinavia. Che la Saga Farmann getti l'ancora a Genova è quindi parte di una lunga e fruttuosa relazione tra Norvegia e Italia.

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