«Mai rinnegare le proprie origini, ma il rispetto degli ingredienti e delle tavole del luogo di adozione lo trovo imprescindibile; io vengo dalla Romagna, ma non farei piadina e "caplèt", pur non dimenticando chiaramente il saper tirar la pasta» sorride lo chef facendo trasparire tutto l’amore e il rispetto per i colli toscani che lo hanno accolto.
La materia prima è sicuramente il punto di partenza, con la possibilità di approvvigionarsi nelle filiere del luogo, come per esempio la carne di Simone Fracassi dai bovini agli agnelli del Casentino, poi da Laura Peri il celebre piccione e anche le faraone, usate per il ripieno dei bottoni serviti con un’estrazione di scampi. «La clientela internazionale è connotante e io dal primo giorno ho sempre avuto la medesima impostazione sulle ricette della tradizione facendo anche provare nuove carni e nuovi piatti a ospiti che prima non avevano mai assaggiato, con grande soddisfazione lato mio e con grande stupore di godibilità dal loro punto di vista. Parlando del piccione, per esempio, nostro grande classico largamente apprezzato anche dai non autoctoni, la coscetta confit, finalizzata in yakitori con il carbone Binchotan che le dona un sentore delicato di fumo, e una consistenza cremosissima, benché ruspanti, con tecniche imparate nei miei trascorsi in Francia».

La visione non è carnivora tout court, chiaramente si parte da lì ma il vegetale da' tante soddisfazioni al ristorante La Torre, motivo per cui si trova anche un menu totalmente vegetale che diverte e ingolosisce i palati più curiosi: la carota per esempio, marinata 48 ore con semi di cumino e tante altre diverse spezie, poi cotta in yakitori e nappata con una salsa al lievito realizzata con lievito di birra fresco, soia e burro, che al naso da' un sentore di arrosto, servita con gel di miso e farofa brasiliana, ovvero manioca essiccata e tostata. Cuore sul territorio e occhi verso asia e America Latina.
I primi non possono mancare e un piatto in particolare racconta la visione di chef Giovanni: «I nostri pici del ristorante La Torre, oltre a essere fatti a mano come da tradizione, sono un personalissimo esercizio di stile che partendo dalla Val D’Orcia (terra natia di mia moglie) arriva sui mari. Si parte con l’aglione abbinato però allo iodio del gambero rosso e finalizzandolo con un curry thailandese addolcito con latte di cocco e in aggiunta l’essenza delle teste dei gamberi rossi, accompagnato con due falde di gambero rosso pressato e leggermente marinato in olio, sale e limone, senza coprire la dolcezza e i sentori iodici del gambero; partire dal territorio per giungere in coste lontane; o viceversa, dato che questo piatto è stato servito anche nel nostro pop up al COMO Parrot Cay con i pici realizzati a mano sull’isola».

Girando il mondo il palato impara a percepire dei gusti che si abbinano fra di loro anche se apparentemente lontani nelle singole culture. «Chiedendomi perché non poter usare soia muzukashii, il tamarindo, il curry o l’alga nori in piatti nati su queste colline».
Anche sul fronte ittico non cambia la visione dello chef, in carta per esempio il rombo, arrotolato con all’interno una sua mousse, assoluto quindi, in cui l’umidità viene mantenuta con l’utilizzo di una salsa che aggiunge profumo e acidità al beurre blanc e zafferano, coltivato a san Gimignano, a 20 km dal piatto.
Per necessità o per virtù che dir si voglia, c’è molta attenzione anche alle restrizioni alimentari preferendo in alcuni casi i legumi al grano e ne è un perfetto esempio la zuppetta che trae origine dalla farinata toscana, aggiungendo ai ceci, fagioli, piselli, lenticchie rosse, pomodoro, componente spicy e latte di cocco, poi servita con una griglia di farina di ceci e povere di barbabietola in cui si sostanzia in una amouse bouche che racchiude l'idea fondante dello chef.
La ricerca è importante anche nel più “comune” dei piatti, e sulle semplici foglie per l’insalata si parla di una misticanza di 20 piante diverse, tutte coltivate nei terreni del resort, che spazia dalla portulaca al germoglio di prezzemolo e che cambia la percezione del piatto.
Siamo in una terra dove da qualche anno si è scoperto anche il tartufo bianco nei boschi: coadiuvando la parte ludica con la gola, la caccia al tartufo termina infatti con il relativo menu al Pavillion, altro outlet ristorativo di COMO Castello del Nero, che partendo dal bosco con il tartufaio, cercando con i lagotti, arriva poi alla realizzazione di piatti tradizionalissimi come tagliolino, uovo poché e tartare di Chianina che raccontano diverse anime dei tartufi di questi boschi.
Un viaggio che nascendo in Toscana fa il giro del mondo, fra mari e culture. Una personale visione del territorio, degli ingredienti e delle persone che racconta una cucina pregna di commistioni e divertissement.
Scopri la biografia e tutte le ricette di 🔗GIOVANNI LUCA DI PIRRO