ItaliaSquisita, storico media partner di Identità Milano, anche per la 18° edizione sarà in prima linea.
La cucina cambia con la storia, la storia cambia con la cucina. È un flusso continuo, del quale il più delle volte sul momento non ci accorgiamo perché la sua manifestazione più evidente giunge a maturazione in tempi piuttosto lunghi, è insomma una novità che si manifesta poco a poco cosicché quando si afferma del tutto e ci appare nella sua evidenza, non la percepiamo più come tale, ci abbiamo ormai fatto l'occhio, ci sembra familiare. Ovverosia: il mutamento come rivoluzione lenta. Ma, mettendo più a fuoco questi processi, è possibile accorgersi di come siano dirompenti.
La cucina cambia con la storia, la storia cambia con la cucina. È un flusso continuo, del quale il più delle volte sul momento non ci accorgiamo perché la sua manifestazione più evidente giunge a maturazione in tempi piuttosto lunghi, è insomma una novità che si manifesta poco a poco cosicché quando si afferma del tutto e ci appare nella sua evidenza, non la percepiamo più come tale, ci abbiamo ormai fatto l'occhio, ci sembra familiare. Ovverosia: il mutamento come rivoluzione lenta. Ma, mettendo più a fuoco questi processi, è possibile accorgersi di come siano dirompenti.
Un cambio di passo sarà Identità Milano 2023, diciottesima edizione del massimo congresso di cucina d'autore in Italia e tra i più prestigiosi al mondo, appuntamento come sempre al MiCo da sabato 28 a lunedì 30 gennaio 2023. E un cambio di passo sarà anche il piatto simbolo della kermesse, che vi andiamo qui ad annunciare in anteprima. Si tratta di Avocado, kiwi, coriandolo, lo vedete nella foto. Autori ne sono Carlo Cracco e il suo fidato braccio destro Luca Sacchi: dato il tema dell'evento - "Signore e signori: la rivoluzione è servita" - i due hanno pensato a una preparazione che similmente rompa gli schemi, si proietti nel futuro, apra diverse prospettive sia dal punto di vista gastronomico che concettule. Intanto, vediamo i suoi principali elementi: sono tre, appunto.
Avocado, kiwi e coriandolo appaiono, oggi, prodotti "esotici". O sono "italiani"? L'uno e l'altro insieme, forse. Prendiamo l'avocado: già il nome indica la provenienza, attraverso l'inglese è mutuato dallo spagnolo aguacate; risale a sua volta al nahuatl (o azteco) āhuacatl, che indica il frutto (la pianta invece si chiama āhuacacuahuitl) e che significa testicolo, per analogia riferita alla forma di quest'organo. È originario delle montagne centrali e occidentali del Messico, attraverso il Guatemala fino alle coste dell'oceano Pacifico nell'America centrale. Oggi, però, viene coltivato diffusamente anche in Italia: soprattutto in Sicilia, poi in Puglia e Calabria, e non solo.
Avocado, kiwi, coriandolo si compone di una purea di avocado siciliano con olio evo sale e pepe, viene mischiata con kiwi fresco (romagnolo) tagliato a cubetti così da conferire una "masticazione vegetale" che sprigiona sentori acidi rinforzati da gambi di coriandolo sminuzzati. Sopra la purea delle erbe fresche che vanno dall'amarostico al piccante e per finire una sottile fettina di bottarga di muggine sarda e un disco gelatinato di coriandolo.
Spiega Paolo Marchi: «Unendo elementi quali il kiwi e l'avocado, Carlo Cracco e Luca Sacchi dimostrano come la nostra migliore ristorazione si evolva continuamente, in un arricchimento che segue di pari passo quello della società. È la storia del pomodoro, in fondo: son tutti prodotti che non facevano parte della nostra tradizione, sono stati importati da altri continenti e infine diventano protagonisti anche da noi (nel caso del pomodoro, addirittura ce ne siamo ormai appropriati!)».
Carlo Cracco: «Di certo vogliamo testimoniare la necessità di un cambiamento che sentiamo non solo nostro, ma che è nelle cose; di un pensiero che vada oltre la cucina e il cuoco. Cerchiamo di avere una visione per il futuro, un significato differente per l'attività che svolgiamo».
Per noi Avocado, kiwi, coriandolo simboleggia anche un percorso che andiamo a riprendere: «durante gli anni della pandemia la nostra cucina aveva virato verso uno stile che possiamo definire più classicheggiante - anche se il termine non mi piace - rispetto al passato e alla nostra identità. Di sicuro molto inclusivo», perché la gente aveva voglia di certezze più che di scommesse. «Ora ci siamo rimessi in moto sul fronte creativo, con determinazione».