All'entrata del ristorante si erge quest'omaccione dagli occhi color battigia del mare, mare che ha sempre amato e trasformato in alta cucina. L'accento romano c'è, eccome, ma con una bella e fresca dialettica, si sente che anni fa si è iscritto a Lettere moderne perché gli piaceva studiare; mentre il corpo è ben allenato, dinamico e coi muscoli da windsurfista da sempre.
La sua è stata una vita tra libri, tavole e dune del mare, e soprattutto tanto tanto pesce da lavorare. Gianfranco Pascucci è una persona fiera, con i propulsori sempre pronti a partire, siano essi collegati ai suoi polpastrelli per sfilettare il grasso sottopelle della muggine dell'oasi WWF o per investigare negli antri segreti delle seppie, come un Lovercraft cuciniere, oppure siano essi connessi al suo cervello, mai stanco di pensare agli abissi e alla sue creature. Nel suo “Porticciolo” di Fiumicino ormai è considerato come uno dei più grandi autori e fautori della grande cucina di mare italiana, ma in un senso nuovo, attivo e attivista, intelligenza e sensibilità che si fondono a coralli, alghe e mondo ittico per una gastronomia sostenibile e creativa fino all'inverosimile. Saprebbe sfilettare uno squalo intero con un coltello minuscolo, con indosso la sua giacca da chef in jeans, scarpe da tennis e ironia da lupo di mare.
I suoi piatti fanno sognare, non solo in maniera platonica, ma anche fisica e trasportante: quando si assaggiano ci si tuffa fisicamente tra le onde, con la maschera da sub, non quella chirurgica oggi così di moda, e si scoprono tesori affondati da tempo immemore. Insieme ai colleghi Ángel León, Mauro Uliassi, Moreno Cedroni, René Redzepi e Mitsuhiro Araki si può forse considerare uno chef rivoluzionario per il suo approccio di passione e tecnica alla cucina di mare: materia prima poseidonica e innumerevoli tecniche per valorizzare sapori, forme e consistenze del pesce lo proiettano direttamente sul regale cucuzzolo dei fondali marini, come un tritone in posizione yoga che guarda il panorama della barriera corallina con un affilato coltello in mano.
I suoi piatti fanno sognare, non solo in maniera platonica, ma anche fisica e trasportante: quando si assaggiano ci si tuffa fisicamente tra le onde, con la maschera da sub, non quella chirurgica oggi così di moda, e si scoprono tesori affondati da tempo immemore. Insieme ai colleghi Ángel León, Mauro Uliassi, Moreno Cedroni, René Redzepi e Mitsuhiro Araki si può forse considerare uno chef rivoluzionario per il suo approccio di passione e tecnica alla cucina di mare: materia prima poseidonica e innumerevoli tecniche per valorizzare sapori, forme e consistenze del pesce lo proiettano direttamente sul regale cucuzzolo dei fondali marini, come un tritone in posizione yoga che guarda il panorama della barriera corallina con un affilato coltello in mano.
Ogni giorno, nel suo ristorante blu e bianco, sembra di essere dentro un barca, con tanti pescatori in movimento, tra fornitori che portano il pesce vivo, ragazzi di sala che issano vele e raccolgono le reti della mise en place, tutti capitanati dalla bravissima moglie Vanessa, e in cucina, insieme alla brigata e al secondo Karim succede di tutto, si provano tecniche di affinamento e cottura di cui anche gli ingegneri della Silicon Valley ne sarebbero fieri.
Ma adesso basta lisciare la pelle del rombo chiodato, immergiamoci nell'universo Pascucci, per capire come siamo arrivati a questo profondo momento di alta cucina. Chissà come sarà tutto cominciato.
Anteprima di Gianfranco Pascucci di Carlo Spinelli, in uscita sul n° 38 di ItaliaSquisita
Ma adesso basta lisciare la pelle del rombo chiodato, immergiamoci nell'universo Pascucci, per capire come siamo arrivati a questo profondo momento di alta cucina. Chissà come sarà tutto cominciato.
Anteprima di Gianfranco Pascucci di Carlo Spinelli, in uscita sul n° 38 di ItaliaSquisita