Il Consorzio accoglie con favore il via libera del Ministero delle Politiche Agricole al Piano di Regolazione offerta del Parmigiano Reggiano per il triennio 2020/2022.
Il decreto n. 8868 firmato dal Ministro Gian Marco Centinaio il 13 agosto 2019 arriva in un periodo particolarmente felice per il Parmigiano Reggiano.
Lo sviluppo produttivo nell’ultimo triennio (+12%) è stato accompagnato da un consolidamento dei redditi sostenuto da quotazioni del formaggio stabili e remunerative per l'intera filiera.
"Un contributo importante a questi risultati" afferma il Presidente Nicola Bertinelli "è venuto proprio dal Piano produttivo che negli ultimi anni ha dato certezze alla programmazione delle imprese e accompagnato una crescita regolare e risorse aggiuntive per un grande rilancio della marca Parmigiano Reggiano".
"Grazie a questo risultato" continua Bertinelli "ora potremo concentrarci al 100% sulla minaccia dei dazi Usa che rischia che gettare al vento il lavoro di anni". Il mercato americano è, dopo la Francia, il secondo mercato estero per il Re dei Formaggi. Ogni anno le aziende esportano oltre 10 mila tonnellate e i volumi sono destinati ad aumentare.
Trump minaccia di applicare un dazio pari al valore del prodotto importato: da 2,15 dollari a 15 dollari al kg. Si può stimare che il costo del Parmigiano Reggiano passerebbe da 40 dollari a 60 dollari al kg. Gli operatori americani che trasformano il prodotto hanno prospettato una riduzione dei consumi pari all’80-90%.
A beneficiarne sarebbe senza dubbio il Parmesan prodotto negli Stati Uniti che, pur non avendo nulla a che fare con il Re dei Formaggi, ha un costo decisamente inferiore. Il consumatore che acquista il Parmesan è spesso convinto di acquistare un prodotto italiano. Non saranno quindi solo le aziende italiane a subire un danno, ma tutti i consumatori americani che acquisteranno un fake nella convinzione di acquistare il vero Parmigiano Reggiano.
Infine, non bisogna dimenticare che il Parmigiano Reggiano genera ricchezza anche per i trasformatori degli Stati Uniti. Le aziende americane porzionano le forme, producono diversi formati, grattugiano il prodotto, lo utilizzano per differenti preparazioni. Questo business vale circa 200 milioni di dollari e vanno tutti nelle tasche degli Stati Uniti. Nel caso in cui aumentassero i dazi e la quota export si riducesse drasticamente, questo indotto andrebbe a scomparire.
E questo discorso vale anche per il gettito generato dai dazi: se Trump applicasse veramente un dazio pari al valore del prodotto importato, le vendite si ridurrebbero a tal punto da produrre un gettito inevitabilmente inferiore a quello attuale che è pari a 22 milioni di dollari.