Dopo i “Colori e sapori di benvenuto”, a cui va una nota di merito per la bellezza e la precisione chirurgica nelle fattezze (spiccano la Millefoglie di patate e il Macaron scalogno e pecorino), l’ouverture è un piatto degno della Scala di Milano: una sinfonia di golosità con una spuma di Cavolfiore, condita con nocciole, capperi e fondo vegetale. L’umami e il comfort nei gusti, però, non saranno sempre così costanti: i fratelli Manzoni amano le alternanze, per movimentare, giustamente, i menù. Dopo un passaggio altrettanto delicato come la Rapa rossa con rafano e origano cubano, arriva il momento dell’amaro, con i Ravioli di radicchio (ripieni di varietà diverse: Trevigiano tardivo brasato, radicchietto sott’aceto e di Chioggia fermentato) glassati con fondo di radicchio, pepe rosa e conserva di lampone al barbecue, che ben preparano alla staffetta con il piatto successivo, dove si impenna anche l’aromaticità, con un plauso per la gestione eccellente di ingredienti molto complicati. I mezzi Rigatoni investono subito il commensale col loro aroma di bergamotto, che si acquieta in bocca, grazie anche alla mantecatura in un estratto di carciofo e levistico, con foglie di levistico, ossalide, coriandolo e fiori di borragine. Questo è un piatto assolutamente da provare, proprio per la perfetta gestione nell’insieme di ingredienti assai complicati, così come, dal lato del gusto più accomodante, non va snobbata la Bietola nappata con burro di capra, lauro, senape nera e ragù fatto con gli scarti dell’ortaggio stesso. Sembra di gustare una lasagna di clorofilla, a cui manca solo la crosticina: si ritrovano grassezza e callosità tipiche della pasta, con il ragù che avvolge tutto, come nel più tipico dei giorni di festa. Non c’è solo attenzione ai sapori, ma anche alle forme: la Cipolla è servita distesa come un disco e non intera, poiché questa accortezza veicola meglio gli aromi usati in cottura e accoglie nella totalità la glassa al latte di cocco, anice e timo. Il vegetale compie il salto più azzardato, ma anche vincente, nel dessert, preceduto da un cosiddetto “rinfrescante” a base di curcuma, sorbetto all’olio di rosmarino e granita all’olivello spinoso. Il fine pasto è una composizione di Indivia marinata nell’arancia, servita con sesamo tostato e come gelato, abbinata a un succo di arancia con una nota alcolica di Disaronno. Questa conclusione non cede a eventuali richiami ruffiani, ma lascia attiva la curiosità, rilanciando note acide, speziate, tostate e un poco dolci.
C’è tanta personalità in questa visione del “potere dei vegetali”, interpretato e scritto dai fratelli Manzoni, e non potrebbe che essere così, quando si mettono in gioco i ricordi e gli affetti più preziosi: quelli (anche dell’orto) di famiglia.
di Luca Farina