Testimone di questo grande fenomeno moderno, che dal Giappone agli Stati Uniti è ormai consuetudine culturale, ecco spuntare dai propri capelli dread di memoria reggae dub lo chef Michelin Marcello Trentini del Magorabin. Quarantatré anni e vero autoctono di Torino, questo chef epicureo e gaudente è forse il cuoco più creativo della città, un self made man che in dodici anni e con il proprio portafoglio ha affrontato la diffidenza dei concittadini e proposto con intelligenza – e un pizzico di tenace ambizione - un tipo di menu totalmente diverso dai soliti “brasato al barolo e bollito misto”.
Ma non solo, da anni è sostenitore gentile e intelligente del “km 10.000” (in contrasto con lo slowfoodiano km zero), perché quando qualcosa è buono, è opportuno procurarselo in qualsiasi maniera. Se il peperone di Carmagnola rifulge di bontà stagionale a settembre-ottobre, sarebbe assurdo comprare peperoni marocchini nello stesso periodo; ma se per una sua ricetta ci vogliono i peperoni a gennaio lo chef del Magorabin non frena di certo il suo entusiasmo creativo e cerca di procurarsi dei peperoni meravigliosi anche dal Marocco, visto che in quel periodo se ne producono molti e di ottima qualità. Lo stesso vale per le splendide fragole o ciliegie cilene in inverno, o per gli agrumi in estate. Se lo yuzu giapponese è uno dei frutti organoletticamente più sofisticati, perché privarsene in cucina in nome di un’ossessiva filosofia del km zero?
Da queste considerazioni cosmopolite, gastro-progressiste e anti-scioviniste nei confronti della chiusura mentale gastronomica, nasce dunque il concetto di “chef's table”, un menu avvincente e davvero internazionale, che strizza l’occhio al cibo del mondo e che Marcello Trentini propone da ormai qualche mese nel suo ristorante gourmet di Torino. Ed è lui stesso che lo racconta. «L’idea dello “chef’s table” parte da Omakase in Giappone, un vero sushi restaurant al bancone, che non propone una carta vera e propria ma un percorso di degustazione in base alla disponibilità dei prodotti e l’estro dello chef. Da questa reciproca stima tra clientela e ristorante si sviluppa così una concezione nuova di ristorazione, in cui si fondono la libertà dello chef nell’esprimersi culinariamente e nell’aperta fiducia degli ospiti nell’assaggiare tutto quello che viene loro proposto nel percorso degustativo. I giapponesi sono stati i primi a elevare all’ennesima potenza la purezza degli ingredienti (ricordiamo la passione per il tonno rosso del Mediterraneo, al 75% destinato al mercato nipponico appunto) e il rigore della tecnica. Poi sono giunti gli Stati Uniti con un’ancora più nuova idea di “chef’s table”, più eterogeneo e multietnico, maggiormente aperto alla contaminazione culturale tra ingredienti, ricette e gusto internazionale: gli americani sono figli di un territorio vergine, popolato da mille etnie diverse, in cui è normale assaggiare quotidianamente piatti di estrazione planetaria. Solo in Italia c’è troppa confusione nel menu, troppa diffidenza nelle proposte dei cuochi, nel menu freestyle di contaminazione totale. Dunque, partendo da questi esempi globali e non avendo però nel mio ristorante spazio al bancone (e non possedendo inoltre un bacino d’utenza allenato), ho deciso di osare, di azzardare con il mio pensiero, e di incominciare a concentrare l’idea di “chef’s table” in un menu speciale dentro la carta. Per dare una marcia in più ho avuto anche la fortuna di poter utilizzare un’opera dell’artista Ugo Nespolo come cover del menu. Et voilà: partendo da una contaminazione totale desidero raccontare quello che è Torino oggi, attraverso i prodotti del mercato multietnico Porta Palazzo, in cui posso trovare sia la fassona piemontese sia il tonno bonito, il lime, la maracuja e le verdure asiatiche, come in un classico viavai commerciale da metropoli».
Marcello Trentini: chef's table cosmopolita
Se Torino è avvezza fin dagli inizi del Novecento ad accogliere e integrare uomini e donne dalle regioni del sud d’Italia, dando origine a un frizzante melange gastronomico, ora il mercato delle idee e delle culture mangerecce si è allargato al pianeta stesso, grazie all’immigrazione di popoli davvero eterogenei.
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Tratto da "Lo chef's table di Marcello Trentini" di Carlo Spinelli - ItaliaSquisita #21