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Le frattaglie raccontate da Salvatore Bianco

Al timone dal 2012 del ristorante Il Comandante del Romeo Hotel a Napoli, lo chef Salvatore Bianco ha ora intrapreso uno studio molto accurato sul quinto quarto di mare e di terra. Un viaggio interiore nel mondo delle interiora: Salvatore Bianco, Napoli e l’attenzione per il quinto quarto nell'alta cucina.
Salvatore Bianco del Romeo Hotel a Napoli è un maestro di cucina ma anche un uomo che insegna a codificare l'etica culinaria e a farla propria: al ristorante Il Comandante si vive il “rispetto” per il quinto quarto, sia d'origine ittica sia degli animali di terra. Un bravo cuoco non butta via niente, ordina gli animali interi cosicché se ne possano utilizzare tutte le sue parti e abbattere lo spreco. E anche risparmiare sul food cost finale del ristorante. Spendere le ore a non buttare via niente del pescato significa infondere rispetto per i pescatori che lavorano tutto l'anno e che rispettano a loro volta la divinità oceanica.

Salvatore Bianco è di Torre del Greco, paesino dell'hinterland partenopeo e fucina di idee culinarie fin dai tempi degli antichi Romani. Cresciuto in un palazzo con tutta la famiglia, ha praticamente vissuto con la nonna Virginia. Ed è stata un vera fortuna, perché parecchi piatti riemergono proprio dai ricordi familiari. «Per me la colazione dei campioni è con alici sotto sale, olio, pane di semola caldo (la 'semmulella') e sale, quella che mi componeva come una poesia mia nonna Virginia; di lei mi ricordo anche la scoperta e lo studio gastronomico di alcuni rari e quasi sconosciuti molluschi: gli occhi di Santa Lucia (Bolma rugosa), l'abalone (Aliotide), l'arca di Noè (Arca noae), l'uovo di mare o 'carnummola' (Microcosmus sulcatu) e l'arzighella (o anemone di mare). Esplorando la mitologia dei mitili, il loro gusto, le loro forme e caratteristiche, ho capito che i molluschi sono le frattaglie del mare, il quinto quarto gustoso del mare. Andando a pesca poi con i miei fratelli Davide e Antonino ho capito negli anni che tuffarsi e insediarsi nel mare è come ricercare tesori in movimento, scrigni commestibili che da un lato sono nuova linfa per la creatività in cucina e dall'altro appaiono come la soluzione migliore per capire fino in fondo, fino alle budella, l'importanza e il rispetto per il mare».

Quello che preme di più a Salvatore è insegnare ai suoi ragazzi di brigata il senso vero del rispetto, come concetto generale per approcciare il mondo. Il rispetto come forma di pensiero tollerante nei confronti di tutto ciò che di bello ci gravita intorno.
«Lo dico sempre ai miei cuochi del Romeo: la tecnica è trasferibile e assimilabile, il pensiero e una filosofia di cucina invece non s'insegnano, si esprimono. I ragazzi stanno con me per il concetto: rispettare la materia, inneggiare al sacrificio dell'ingrediente, parlare con tutti i fornitori e capire con loro pregi e difetti di un prodotto. E quando arrivano pesci sconosciuti ci divertiamo tutti a scoprirne ogni segreto».

A Salvatore Bianco gli ingredienti poveri, quelli che una volta venivano scartati dai nobili, il quinto quarto dei pesci meno comuni, e sperimentare nuovi gusti usando tecniche moderne; voglio ottimizzare lo scarto con grande capacità di adattamento, per esempio diminuendo il lato amaro di un'interiora di pesce o il metallico di qualche fegato ovino e bovino, e valorizzando il sapore pieno, intenso e sapido. La lavorazione e la conservazione delle frattaglie durano al massimo due giorni, quindi per il cliente la freschezza è sempre assicurata. Oltre alla freschezza nelle interiora è importantissima anche l'estrema qualità del prodotto.

La cucina delle interiora

Per "quinto quarto" s'intendono le interiora, le frattaglie e le parti meno nobili come la testa, la coda e le zampe di bovini, ovini e suini. Rientrano nel termine anche le rigaglie dei volatili selvatici e gli animali da cortile. Di riflesso negli ultimi anni si definisco quinto quarto anche gli organi interni dei pesci e le parti meno richieste, come guance, occhi, fegato, lattume, pelle e lische.
L'abitudine di cibarsi di frattaglie risale di sicuro alla preistoria, visto che allora – come si dovrebbe comunque fare anche adesso – non si buttava via nulla. Esistono testimonianze storiche sull'uso delle frattaglie da parte degli Etruschi (cuore di vitello e fegato d'oca ingrassata con i fichi), tramandato poi ai più golosi Romani. L'amore per questo cibo ha poi percorso l'arco dei tempi, dal Medioevo al Rinascimento, fino alla cucina moderna di Auguste Escoffier e di Pellegrino Artusi.
Da sempre le interiora sono caratteristiche della cucina povera, bistrattate dai nobili che preferivano di gran lunga filetti e muscoli vari. Ora il quinto quarto è tornato in auge e l’economia alimentare mondiale ringrazia vivamente i cuochi moderni che l'hanno riscoperto e lo ripropongono nei loro menu.



(Tratto da “Il rispetto delle frattaglie” di Carlo Spinelli, foto di Umberto D'Aniello e Michele Sarnataro, IS#28)

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