Sembra facile descrivere la pizza contemporanea di matrice partenopea, ma per capire veramente la sua evoluzione nei tempi moderni è necessario prima fare un piccolo salto indietro nel tempo, conoscere meglio la genesi della pizza napoletana tradizionale.
CENNI STORICI
La pizza nasce storicamente a Napoli fine '700 inizio '800, per coprire i morsi della fame in modo gustoso ed economico; era la necessità mattutina dello stomaco dei lavoratori, un prodotto da bancarella venduto come colazione a buon mercato, per affrontare la giornata.
La prima rivoluzione della pizza avviene però a inizio Novecento, quando gli italiani sbarcano a frotte in America, per cercar fortuna e una vita migliore, con gli antesignani Totonno e Lombardi, due pizzerie che hanno dato il via alla pizza in stile italo-americano. A New York scoppia la diatriba culturale, la guerra dei vessilli della tradizione che si ripercuote sui singoli tagli, forme e gusti: da un lato i siciliani con la pizza in teglia, da forno, mentre dall'altro la pizza coi pepperoni, ovvero le fette di salame piccante per napoletani e calabresi.
L'America quindi si apre alle ricette italiane direttamente nel loro cuore tipico, negli alveoli della cultura di strada della pizza, evolvendosi in qualcosa di nuovo e inedito: la pizza italo-americana, una nuova visione che in un certo senso già allora si poteva definire “contemporanea”, proprio perché evoluta dalla tradizione napoletana e interpretata da nuovi tecniche, impasti e ingredienti.
L'EVOLUZIONE DELLA PIZZA
Così racconta Antimo Caputo del Mulino Caputo di Napoli: «Negli ultimi 5-7 anni la pizza ha raggiunto livelli davvero alti in fatto di denominazioni e riconoscimenti: la Ue l'ha dichiarata come SGT, ossia Specialità Tradizionale Garantita, l'Unesco ha finalmente dato valore al mestiere del pizzaiuolo napoletano e lo ha insignito del patrimonio universale, due contributi importantissimi per tutelare la pizza e la cultura che le ha sempre fatto da cornice. A Napoli c'è ora aria nuova, un vento frizzante di rinnovamento che come sempre rinfresca la tradizione per portarla a nuovi lidi d'esplorazione.
LA SCUOLA NAPOLETANA
I giovani pizzaioli infatti sono scattati in piedi, hanno studiato gli impasti, le farine e hanno iniziato a collaborare coi grandi chef. Napoli non è mai ferma quando si parla di pizza, è iniziato un nuovo scambio, un scontro-incontro tra generazioni di pizza-maker per trovare una nuova, l'ennesima, faccia allo street food più amato dell'universo.
Giovani e storici pizzaioli si confrontano adesso in un momento cruciale, siamo allo spartiacque tra la pizza leggendaria della tradizione e quella nuova, contemporanea, col cornicione alto, più piccola e con il topping ricercato. Da una parte dunque la storia con ad esempio Alessandro Condurro della pizzeria Da Michele e Gino Sorbillo, cresciuti in seno alla tipicità e al DNA della pizza napoletana, dall'altra parte invece le nuove leve, ragazzi come Vincenzo Capuano a Napoli e Milano e Giuseppe Cutraro a Parigi, insieme a tanti altri, che con il loro fervore, la passione e lo studio delle tecniche hanno ripreso la tradizionale pizza e trasportata nel futuro.
INGREDIENTI, TECNICA, ESPERIENZA
Si parte dal presupposto che l'impasto perfetto non esista, si sta parlando di un cibo che si è sempre evoluto insieme alle conoscenze del pizzaiolo e di chi la consumava, fin dall'Ottocento. L'impasto poi, di sua natura, non è fermo ma è vivo e appunto in evoluzione, come gli occhi di chi lo guarda, le mani che lo lavorano e la bocca di chi lo consuma cotto nella sua forma di pizza. La verticalità del cornicione oggi è espressione della leggerezza, croccante fuori in modalità acustica del crunch e “scivoloso” dentro, alveolato, etereo e soffice. È la firma del contemporaneo, l'elemento distintivo, la capacità di svuotare e alleggerire: il cornicione sembra più grande ma è vuoto, è la sintesi moderna dell'abbondanza retrò.
INNOVAZIONE E TRADIZIONE
La pizza contemporanea è pertanto una variante di quella tradizionale, e ha aperto un nuovo binario per andare a conquistare il pianeta; la pizza contemporanea ha un gusto, una forma e una consistenza sexy, attraente e soprattutto internazionale, quindi il mondo guarda con grande attenzione questa evoluzione.
Nel suo valore ecumenico la pizza è sopravvissuta al tempo e alle mode per il suo spirito d'adattabilità, si è evoluta insieme alle esigenze di chi si sfamava di pizza, nella diversità delle epoche, di quelli che andavano a lavorare alla mattina e la mangiavano per nutrirsi a quelli che ora la vogliono con un topping speciale nei ristoranti e nelle pizzerie gourmet.
Verrebbe da chiedersi a questo punto: quale sarà la prossima pizza contemporanea? Alle farine l'ardua sentenza.
Estratto de La pizza contemporanea di Carlo Spinelli, n° 38 di ItaliaSquisita
La pizza nasce storicamente a Napoli fine '700 inizio '800, per coprire i morsi della fame in modo gustoso ed economico; era la necessità mattutina dello stomaco dei lavoratori, un prodotto da bancarella venduto come colazione a buon mercato, per affrontare la giornata.
La prima rivoluzione della pizza avviene però a inizio Novecento, quando gli italiani sbarcano a frotte in America, per cercar fortuna e una vita migliore, con gli antesignani Totonno e Lombardi, due pizzerie che hanno dato il via alla pizza in stile italo-americano. A New York scoppia la diatriba culturale, la guerra dei vessilli della tradizione che si ripercuote sui singoli tagli, forme e gusti: da un lato i siciliani con la pizza in teglia, da forno, mentre dall'altro la pizza coi pepperoni, ovvero le fette di salame piccante per napoletani e calabresi.
L'America quindi si apre alle ricette italiane direttamente nel loro cuore tipico, negli alveoli della cultura di strada della pizza, evolvendosi in qualcosa di nuovo e inedito: la pizza italo-americana, una nuova visione che in un certo senso già allora si poteva definire “contemporanea”, proprio perché evoluta dalla tradizione napoletana e interpretata da nuovi tecniche, impasti e ingredienti.
L'EVOLUZIONE DELLA PIZZA
Così racconta Antimo Caputo del Mulino Caputo di Napoli: «Negli ultimi 5-7 anni la pizza ha raggiunto livelli davvero alti in fatto di denominazioni e riconoscimenti: la Ue l'ha dichiarata come SGT, ossia Specialità Tradizionale Garantita, l'Unesco ha finalmente dato valore al mestiere del pizzaiuolo napoletano e lo ha insignito del patrimonio universale, due contributi importantissimi per tutelare la pizza e la cultura che le ha sempre fatto da cornice. A Napoli c'è ora aria nuova, un vento frizzante di rinnovamento che come sempre rinfresca la tradizione per portarla a nuovi lidi d'esplorazione.
LA SCUOLA NAPOLETANA
I giovani pizzaioli infatti sono scattati in piedi, hanno studiato gli impasti, le farine e hanno iniziato a collaborare coi grandi chef. Napoli non è mai ferma quando si parla di pizza, è iniziato un nuovo scambio, un scontro-incontro tra generazioni di pizza-maker per trovare una nuova, l'ennesima, faccia allo street food più amato dell'universo.
Giovani e storici pizzaioli si confrontano adesso in un momento cruciale, siamo allo spartiacque tra la pizza leggendaria della tradizione e quella nuova, contemporanea, col cornicione alto, più piccola e con il topping ricercato. Da una parte dunque la storia con ad esempio Alessandro Condurro della pizzeria Da Michele e Gino Sorbillo, cresciuti in seno alla tipicità e al DNA della pizza napoletana, dall'altra parte invece le nuove leve, ragazzi come Vincenzo Capuano a Napoli e Milano e Giuseppe Cutraro a Parigi, insieme a tanti altri, che con il loro fervore, la passione e lo studio delle tecniche hanno ripreso la tradizionale pizza e trasportata nel futuro.
INGREDIENTI, TECNICA, ESPERIENZA
Si parte dal presupposto che l'impasto perfetto non esista, si sta parlando di un cibo che si è sempre evoluto insieme alle conoscenze del pizzaiolo e di chi la consumava, fin dall'Ottocento. L'impasto poi, di sua natura, non è fermo ma è vivo e appunto in evoluzione, come gli occhi di chi lo guarda, le mani che lo lavorano e la bocca di chi lo consuma cotto nella sua forma di pizza. La verticalità del cornicione oggi è espressione della leggerezza, croccante fuori in modalità acustica del crunch e “scivoloso” dentro, alveolato, etereo e soffice. È la firma del contemporaneo, l'elemento distintivo, la capacità di svuotare e alleggerire: il cornicione sembra più grande ma è vuoto, è la sintesi moderna dell'abbondanza retrò.
INNOVAZIONE E TRADIZIONE
La pizza contemporanea è pertanto una variante di quella tradizionale, e ha aperto un nuovo binario per andare a conquistare il pianeta; la pizza contemporanea ha un gusto, una forma e una consistenza sexy, attraente e soprattutto internazionale, quindi il mondo guarda con grande attenzione questa evoluzione.
Nel suo valore ecumenico la pizza è sopravvissuta al tempo e alle mode per il suo spirito d'adattabilità, si è evoluta insieme alle esigenze di chi si sfamava di pizza, nella diversità delle epoche, di quelli che andavano a lavorare alla mattina e la mangiavano per nutrirsi a quelli che ora la vogliono con un topping speciale nei ristoranti e nelle pizzerie gourmet.
Verrebbe da chiedersi a questo punto: quale sarà la prossima pizza contemporanea? Alle farine l'ardua sentenza.
Estratto de La pizza contemporanea di Carlo Spinelli, n° 38 di ItaliaSquisita