Per tradizione Genova non è mai stata povera ma oculata sì. Il pesce si vendeva altrove, era moneta, merce per far palanche, da scambiare. Il raccolto notturno delle lampare ha sempre brillato il giorno dopo sulle tovaglie di Piemonte, Lombardia, Veneto. Totani per carne e riso. La cucina locale ha allora imparato ad alimentarsi della terra, a frugare i monti come chiamano davvero i genovesi quell’al di là di vette oltre il quale, prima o poi, il mare o si invidia o appunto si compra per gustarne un sorso.
«I carruggi, senza per carità voler essere scambiati per inospitali, hanno un volto povero e ancestrale, alla Faber, in quella metà multietnica che ha il colore meticcio degli ultimi anni. L’altra metà è però Genova vera, è Genova da genovesi». Marco Visciola, classe '85, al timone de Il Marin di Eataly dal 2016, è natoa Bogliasco, primo borgo di Levante. «Non c’è dubbio che per estensione l’idea urbana di Genova abbracci perlomeno il Golfo Paradiso» difende Visciola la propria cittadinanza doc. Apprezzato e fresco interprete del ricettario di zona, come la versione gelata del baccalà mantecato, quando guarda gli ottuagenari che a Boccadasse alle sette del mattino prendono il largo a gennaio e poi paralleli alla riva coi cuffioni neri ma senza muta a cinquanta metri di distanza dalla costa infilano un’ora di calme bracciate, ritrova se stesso.
Estratto di Simone Mosca di Genova per noi cuochi del n° 39 di ItaliaSquisita
Photo Credits: Paolo Picciotto e Francesco Zoppi
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