Un bollente huo guo, in bilico tra udon nipponici e jus francese, attraversa la Cina e arriva in Italia. Non è un itinerario della gastronomia cinese, ma è la storia di Chang Liu. Un ragazzo che nasce in Cina ma vive, mangia, e studia l’Italia non appena maggiorenne. Lo chef di Yangzhou nel 2018 apre Serica a Milano, per farsi carico di un’immensa responsabilità: depennare la nomea unta e bisunta del ristorante cinese, acquisita senza scrupoli dall’immaginario comune che non ha saputo vedere la grandezza di una cultura antica e preziosa tanto come quella dello Stivale.
A differenza del maestro Tokuyoshi, che applica le tecniche native al prodotto italiano contaminando i due mondi, lui impiatta una cucina autobiografica, partorita dopo l’esilio francese, l’interscambio giapponese e l’esperienza italiana. Entra in un vortice di tecniche miste: deglassa con caramello un fondo di piccione rosolato con un Brunello di Montalcino, accosta un caco conservato alla cinese - sotto i 0°C - a un sambuco sott’aceto, e porta in Italia il suo hot pot. “Suo”, perché trittico unico di culture del proprio vissuto culinario, conosciuto nel suo ristorante come “Wagyu Hot Pot”: si tratta di un ritrovo gastronomico che contempla il consommé preparato con lo chef Daniel Boulud, i lenzuoli di wagyu stesi con Tokuyoshi e il huo guo, antica fondue cinese. Non è l’unico piatto ad attraversare il traffico di Serica, un ingorgo che affianca usi cinesi a costumi italiani sfatando ogni leggenda.
La sua cucina è un perenne incontro mistico intercalato da inaspettati scorci locali. Uno fra tutti, Panorama di Zhangye che, attenzione, rischia di provocare un’istantanea sindrome di Stendhal. È un ritratto profumato delle colline policrome cinesi, immerse tra veli di wagyu accostati a punte di asparagi e spezie colorate. E se questo presente ha un gusto affascinante, il futuro sa di conoscenza. Chang, vuole svelare l’antica Cina ma anche la nuova, che sta cambiando rotta per assolvere il suo yin ed elevare il suo yang, traducendo trucide usanze cinesi in innocenti evoluzioni. Ne è un esempio lo spaghetto di soia colato in un brodo di zafferano, cappone, parmigiano e prosciutto di Parma, che replica senza genocidi le fattezze di una zuppa di squalo. Dunque, la tradizione rinasce, e ritorna, senza ripetere errori ed eccedendo in meraviglia.
Tratto da: Chang Liu, di Barbara Marzano - IS n°34
Foto di: Tommaso Lisca e Alfonso Bonvini
Foto di: Tommaso Lisca e Alfonso Bonvini