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Antonino Cannavacciuolo e la sua cucina cerebrale: un sole sul Lago d'Orta
La cucina di Antonino Cannavacciuolo nel suo carattere pregnante ed eccezionale:sperimentazioni e creatività ma sempre una grande attenzione al prodotto.
«La mia cucina è solare, viva, giovane, intraprendente e stimolante; il mio menù segue le stagioni e per pensarlo, partorirlo e scriverlo sudo e dimagrisco come non mai. Quando medito un piatto vivo in un mondo a parte, rifletto al 100% e poi magari non lo assaggio neppure perché so già nella mia mente come sarà il suo sapore finale».
La stagionalità è predominante nella sua cucina, ma non la territorialità perché lo chef ama mescolare ingredienti che provengono da habitat diversi. «Il pomodoro va mangiato d’estate, e qui nessuno mi può contraddire, anche perché mi ricorda le mie origini sorrentine, ma il fatto che io debba usare solamente materie prime del territorio è pura privazione dell’entusiasmo. Io provengo dalla Campania, adoro il pesce e i crostacei e sento nei miei cromosomi l’attrazione per l’agrume. Visto che lavoro in Piemonte devo rinunciare a tutto ciò?».
Il suo piatto cubo di carne di Boves, caviale, salsa alla lemon-grass e cipolla rossa marinata è la deliziosa conferma delle sue sacrosante parole. «Per me la cucina è come una droga, gli ingredienti mi danno energia da qualunque parte del mondo provengano, siano piemontesi, napoletani o iraniani! La materia prima è espressione non solo di un territorio, ma anche del lavoro di un contadino o di un allevatore. Eugenio Pol e il suo pane di Fobello, oppure Paolo Parisi e le sue uova mandorlate sono soltanto alcuni esempi». Quello che si evince dalla sua cucina è la semplicità e l’immediatezza dell’ingrediente: «Meno si tocca il piatto, meglio si sente il sapore originario; in questo modo posso associare più di un elemento e sentirli tutti quanti dapprima singolarmente e poi all’unisono, come un a sinfonia di sapori».
Un piatto cerebrale
«Chi mi dice che la mia insalata liquida di riccia, stracciatella di bufala, trucioli di pane di Fobello e acciughe è amara mi fa ridere, perché lo so benissimo che non è dolce! È il suo contrasto con gli altri ingredienti che la rende amara, sebbene la mozzarella dia la sensazione dolce, l’acciuga il contrasto salato e il pane di Eugenio Pol dispensi il croccante». Stiamo parlando di un piatto sublime, cerebrale e sensazionale. Ha fatto riflettere in silenzio per qualche minuto il critico gastronomico spagnolo Rafael Garcìa Santos, facendogli esclamare alla fine: «Sto mangiando col cervello!» È indubbiamente un piatto completo, in cui emerge la sensazione della totalità. Un’esperienza unica.