Si è appena conclusa l'edizione 2023 de "La Tropea Experience", ecco il racconto di ItaliaSquisita di uno degli ingredienti più identitari del Bel Paese e del territorio calabro.
Colpisce sempre un’immagine: quell’idea di pane e cipolla, unico cibo per chi non aveva tante possibilità. In realtà oggi può diventare un nobile accostamento, grazie alla Tropea. Siamo passati dalla miseria alla nobiltà. Ma com’è questa cipolla, dove nasce, perché è così speciale? Le risposte arrivano da Giuseppe Laria, presidente del Consorzio di Tutela della Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP e produttore: «Era sempre più forte l’esigenza di tutelare questo prodotto, viste le crescenti imitazioni, anche fuori periodo. Nel 2008 nasce così il Consorzio, preceduto dal riconoscimento del marchio IGP». Le regole e la disciplina di coltivazione indicano come areale di produzione e confezionamento la fascia costiera sul Tirreno (da Nicotra a Fiumefreddo Bruzio, nelle province di Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza), con tre prodotti a catalogo: cipollotto, cipolla da consumo fresco (venduta col gambo verde) e cipolla da serbo (le famose trecce o bulbi, parzialmente essiccati al sole). L’inserimento del cipollotto permette di avere disponibilità della Rossa praticamente per tutto l’anno, quando prima era solo un prodotto estivo (da ottobre a giugno si raccoglie il cipollotto, da maggio a metà settembre la cipolla). Il dinamismo del Consorzio e dei produttori ha stimolato una crescita incredibile, quasi alla velocità di un’altra celebre rossa: la Ferrari delle cipolle è passata dai 10 mila quintali del 2008 ai 300 mila quintali odierni. Impegno, lavoro sodo e dedizione hanno impresso questa accelerata, ma il Presidente aggiunge anche un altro elemento: la promozione. Racconta Laria: «Partecipiamo a tanti eventi, ma abbiamo anche creato un festival nostro: la Tropea Experience». Come dice la parola, in tre giorni dedicati alla cipolla rossa di Tropea si possono fare esperienze che intersecano salute (con interventi di nutrizionisti e medici che raccontano quanto faccia bene la cipolla), cultura, territorio e storia, oltre che gusto. Su quest’ultimo aspetto, si sono voluti mostrare i tantissimi modi in cui la cipolla può essere usata, grazie a menu appositi, show cooking e gare di creatività tra cuochi (qualche nome: Cristiano Tomei, Max Mariola, il pizzaiolo Antonino Esposito, Francesco Mazzei, Celestino Drago, Chef Hiro e Igles Corelli).
Colpisce sempre un’immagine: quell’idea di pane e cipolla, unico cibo per chi non aveva tante possibilità. In realtà oggi può diventare un nobile accostamento, grazie alla Tropea. Siamo passati dalla miseria alla nobiltà. Ma com’è questa cipolla, dove nasce, perché è così speciale? Le risposte arrivano da Giuseppe Laria, presidente del Consorzio di Tutela della Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP e produttore: «Era sempre più forte l’esigenza di tutelare questo prodotto, viste le crescenti imitazioni, anche fuori periodo. Nel 2008 nasce così il Consorzio, preceduto dal riconoscimento del marchio IGP». Le regole e la disciplina di coltivazione indicano come areale di produzione e confezionamento la fascia costiera sul Tirreno (da Nicotra a Fiumefreddo Bruzio, nelle province di Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza), con tre prodotti a catalogo: cipollotto, cipolla da consumo fresco (venduta col gambo verde) e cipolla da serbo (le famose trecce o bulbi, parzialmente essiccati al sole). L’inserimento del cipollotto permette di avere disponibilità della Rossa praticamente per tutto l’anno, quando prima era solo un prodotto estivo (da ottobre a giugno si raccoglie il cipollotto, da maggio a metà settembre la cipolla). Il dinamismo del Consorzio e dei produttori ha stimolato una crescita incredibile, quasi alla velocità di un’altra celebre rossa: la Ferrari delle cipolle è passata dai 10 mila quintali del 2008 ai 300 mila quintali odierni. Impegno, lavoro sodo e dedizione hanno impresso questa accelerata, ma il Presidente aggiunge anche un altro elemento: la promozione. Racconta Laria: «Partecipiamo a tanti eventi, ma abbiamo anche creato un festival nostro: la Tropea Experience». Come dice la parola, in tre giorni dedicati alla cipolla rossa di Tropea si possono fare esperienze che intersecano salute (con interventi di nutrizionisti e medici che raccontano quanto faccia bene la cipolla), cultura, territorio e storia, oltre che gusto. Su quest’ultimo aspetto, si sono voluti mostrare i tantissimi modi in cui la cipolla può essere usata, grazie a menu appositi, show cooking e gare di creatività tra cuochi (qualche nome: Cristiano Tomei, Max Mariola, il pizzaiolo Antonino Esposito, Francesco Mazzei, Celestino Drago, Chef Hiro e Igles Corelli).
«I risultati ottenuti in termini di visibilità mediatica e di ritorno di immagine per Tropea e per tutta la Calabria - spiega il direttore marketing e comunicazione del Consorzio, Daniele Cipollina - confermano che, se supportate da adeguate strategie e investimenti in tal senso, le attività dei consorzi dell’agroalimentare possono contribuire moltissimo a sostegno dell’immagine, non solo produttiva, ma turistica di una regione. Il ritorno degli chef internazionali, gli spazi innovativi e le nuove aree tematiche sono solo alcune delle novità in programma della Tropea Experience di quest’anno. Un’edizione ricca di sorprese, curiosità e nuovi spunti di riflessione e dialogo che ci rende portavoce di un cambiamento positivo nell’ambito del settore enogastronomico» continua Daniele Cipollina.
È una cipolla, la nostra Rossa, scoperta un po’ come le Americhe, cioè grazie a incontri fortuiti, ma oggi essa stessa è diventata una viaggiatrice del globo, come si evince dai racconti di alcuni grandi chef che la apprezzano da anni.
Tra i pionieri che l’hanno adottata in cucina, già più di trenta anni fa, troviamo Igles Corelli: «Ho iniziato a usarla quando ancora era semisconosciuta, stregato dal suo fare dolce, ma virile. La definirei anche democratica, perché non assume mai un carattere coprente, pur essendo vibrante». Il cuoco di Argenta ne è così tanto stregato da variare il celeberrimo Budino di cipolla in salsa di fegato grasso (nato ai tempi del Trigabolo), sostituendola alla cipolla bianca di Medicina, per dare una tonalità di dolcezza più “penetrante” che mancava al piatto. Chef Igles, amando la selvaggina, ha portato la Tropea pure come contorno in tali preparazioni, contraddistinte da carni “forti” di sapore, che ben abbracciano l’ortaggio (come nel Capriolo si fa tonno). Non manca nemmeno col piccione, in insalata con aceto balsamico tradizionale, oppure col “maiale al mare”, accostato a cozze e vongole. Sulla scia dei tanti usi possibili, Corelli ha pensato, col produttore Santacroce, di implementare una linea di conserve a base di Cipolla rossa di Tropea: in tubetto (usando la parte verde del cipollotto, per i soffritti), come marmellata (con la parte esterna) e sott’aceto di camomilla (usando il cuore). Sono preparati estremamente sostenibili, o “circolari”, come dice Igles, perché si usa tutto e presto saranno lanciati sul mercato.
Un concetto che sta molto a cuore allo chef è che, per valorizzare la cipolla di Tropea, non c’è da parlare di “chilometro zero”: deve uscire dal suo territorio, per esaltare al meglio essa stessa e altri grandi prodotti italiani. Conta il matrimonio felice tra gli ingredienti, rispettando le provenienze e i territori dove nascono, ma captando il loro potenziale quando si uniscono.
Gli fa eco Cristiano Tomei, cuoco toscano de L’Imbuto a Lucca, che subito precisa: «Essa ha bisogno del terreno della Calabria, l’unico che la fa venire come si deve, per caratteristiche gustative e organolettiche. Ma ha bisogno pure di territorialità, cioè delle stratificazioni socio-culturali di quella zona. Solo studiando l’abitudine all’uso o il perché si coltiva un ortaggio possiamo utilizzarlo al meglio. Questo si unisce al territorio inteso materialmente: sociologia e geografia». La Tropea è un vero tesoro, che esula dalle classifiche tra materie prime nobili e povere: una di queste cipolle, cotta sotto la cenere e servita solo con un filo di sale, può emozionare più del tartufo, perché lascia sbalorditi per completezza, rotondità e perfezione di gusto. Non le serve altro. Cristiano Tomei ricorda che la densità di sapore è tutto e la cipolla di Tropea ben si confà a tale concetto: ha delle concentrazioni di gusto che permettono di apprezzarla perché è buona. Ne mangi una e sei felice. Dobbiamo tornare a scegliere cose buone, magari considerando anche il “potere dei vegetali”, che hanno un’intelligenza propria che spesso trascuriamo. Per tutti questi motivi, chef Tomei esalta la cipolla di Tropea in modo diretto: è la protagonista. Viene tagliata grossolanamente e cotta con un estratto di cipolla, senza grassi, per avere una zuppa da versare su dei simil Fonzies realizzati con le croste del parmigiano, a ricordo di una zuppa provenzale (qui è disponibile la ricetta). Con gli scarti del brodo di cipolla si fa un insaporitore, tipo dado vegetale: è servito a centro tavola, rivestito della sua carta di alluminio, e l’ospite lo usa per mantecare un riso cotto nel brodo di croste di parmigiano e pre-mantecato con burro acido.
Gli fa eco Cristiano Tomei, cuoco toscano de L’Imbuto a Lucca, che subito precisa: «Essa ha bisogno del terreno della Calabria, l’unico che la fa venire come si deve, per caratteristiche gustative e organolettiche. Ma ha bisogno pure di territorialità, cioè delle stratificazioni socio-culturali di quella zona. Solo studiando l’abitudine all’uso o il perché si coltiva un ortaggio possiamo utilizzarlo al meglio. Questo si unisce al territorio inteso materialmente: sociologia e geografia». La Tropea è un vero tesoro, che esula dalle classifiche tra materie prime nobili e povere: una di queste cipolle, cotta sotto la cenere e servita solo con un filo di sale, può emozionare più del tartufo, perché lascia sbalorditi per completezza, rotondità e perfezione di gusto. Non le serve altro. Cristiano Tomei ricorda che la densità di sapore è tutto e la cipolla di Tropea ben si confà a tale concetto: ha delle concentrazioni di gusto che permettono di apprezzarla perché è buona. Ne mangi una e sei felice. Dobbiamo tornare a scegliere cose buone, magari considerando anche il “potere dei vegetali”, che hanno un’intelligenza propria che spesso trascuriamo. Per tutti questi motivi, chef Tomei esalta la cipolla di Tropea in modo diretto: è la protagonista. Viene tagliata grossolanamente e cotta con un estratto di cipolla, senza grassi, per avere una zuppa da versare su dei simil Fonzies realizzati con le croste del parmigiano, a ricordo di una zuppa provenzale (qui è disponibile la ricetta). Con gli scarti del brodo di cipolla si fa un insaporitore, tipo dado vegetale: è servito a centro tavola, rivestito della sua carta di alluminio, e l’ospite lo usa per mantecare un riso cotto nel brodo di croste di parmigiano e pre-mantecato con burro acido.
Semplicità e immediatezza sono anche le armi di Francesco Mazzei, calabrese DOC, oggi al lavoro tra UK e Malta. Questo cuoco ha portato all’estero le sue essenze calabresi, partendo proprio dalla cipolla rossa: «E’ un ingrediente che ha fatto cambiare idea all’estero sulla Calabria, che prima era dipinta solo come una terra di equivoci. Io ho cercato di invertire la tendenza, partendo proprio dalla mia cultura, per arrivare a quello che faccio oggi». Sta lanciando il brand “Francesco Mazzei”, aperto inizialmente a Malta al Corinthia Palace, ma a breve anche su Londra con altri due locali, dove non mancherà di cucinare piatti evocativi con la Rossa, come il Black Cod marinato alla liquirizia con composta di cipolla rossa di Tropea: dolcezza e acidità vanno a braccetto. Ci sarà anche un Risotto alla cipolla col cedro di Diamante, o la Catalana di aragoste con cipolla e bergamotto, anche se uno starter molto richiesto è la Frittata di cipolla rossa e ricotta: viene fatta a mo’ di soufflè solido ed è un successo per iniziare i pranzi con una leggerezza inaspettata. “Make it simple”, falla semplice, come dicono gli inglesi: Francesco Mazzei abbraccia tale idea, affascinato da questa cipolla rossa fuori, ma bianca dentro, bellissima da vedere, con la buccia amaranto cangiante, con sfumature viola. Lo chef la regala come se fossero fiori, perché ha un’attrattività superiore a quella di qualsiasi bouquet di rose.
Questo ortaggio ha vissuto una fiabesca scalata verso la ribalta del gusto, spinto da cuochi che hanno creduto in esso, ma anche da un Signor Consorzio di tutela. Piangiamo non perché stiamo tagliando la cipolla, ma di gioia, avendo colto che il potere di questo ortaggio va oltre i confini, partendo da una terra tanto nobile quanto ancora inesplorata, ma che oggi può contare su un bel biglietto da visita: quella Rossa di Calabria che solo lì sa nascere, per poi radicarsi in tutto il mondo.
Scritto da Luca Farina in collaborazione con il Consorzio di Tutela Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP su ItaliaSquisita 47