Romano Tamani e il fratello Carlo a Mantova

Poche volte nella vita capita di essere allegri testimoni di uno spettacolo teatrale rinascimentale, creato in modo millimetrico da personaggi in carne e ossa. È accaduto a Quistello (MN), da Romano e Carlo Tamani, i fratelli istrionici del ristorante “Ambasciata”. Attori principali del loro boudoir culinario nella campagna mantovana, i due artisti della ristorazione colta offrono lusso e feste barocche al cospetto dei commensali. Senza sbavatura alcuna.

Romano Tamani è un reale maestro di cucina, perché ha ormai superato i quarant’anni di professione. In epoche passate ha lavorato a New York e Londra, quando non c’erano ancora gli aerei “low cost” e ci voleva ancora la macchina per raggiungere la città dei Windsor.

È amico di cantanti lirici, giornalisti d’arte e influenti uomini di potere, ma allo stesso tempo ama ciarlare con fattorini, gendarmi della campagna mantovana e produttori d’eccellenze che gli fanno visita durante la giornata. Da più di trent’anni è insieme al fratello alla guida dell’Ambasciata, ristorante costruito proprio nella casa dove ebbe i natali nel 1943.

Romano gestisce l”Ambasciata” al fratello Carlo Tamani, maître sommelier del ristorante, un uomo elegante e sempre pronto a rilassare gli animi del viaggiatore buongustaio. La sua prerogativa è quella di ammansire la fretta e renderla sterile, per poter consentire appieno agli spettatori la degustazione del vino giusto, della pietanza del giorno e della location perennemente raffinata.

Incarna quindi nel ristorante la figura dello “scalco”, ossia colui che nel Rinascimento predisponeva i menu, si occupava della mise en place nella sala da pranzo e programmava i vari spettacoli d’intrattenimento durante i banchetti, e la figura del “coppiere”, ovvero l’addetto alla scelta del vino e al suo accoppiamento con le portate, insieme all’educatissimo sommelier Massimiliano Bassi.

Romano e Carlo amano moltissimo il loro lavoro, ormai sono entrati nel cadenzar delle danze fastose: a passi ritmati alternano l’accoglienza alla cucina, l’effimero al sostanzioso, lo sfarzo nobiliare alla saggezza contadina. Ecco, forse il contrasto strabiliante risiede proprio in questo: ambiente sontuoso e principesco, cucina essenziale e pregna dei succhi della semplice tradizione. Tutto scorre limpido e sensazionale, finché il coup de théâtre non esplode fragoroso.

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