Riccardo Monco di Milano
«Il mio primo ricordo culinario è dedicato alla mia nonna sarda: se chiudo gli occhi riesco ancora a percepire il profumo e il gusto dei suoi piatti. Io sono nato a Milano, dove ho anche fatto la scuola alberghiera, poi subito al lavoro: dalla trattoria con tipica cucina milanese a una stagione in hotel e quindi la Locanda dell'Angelo "Angelo Paracucchi", il “Joia” di Pietro Leemann, e in Francia da "Lucas Carton" e "Alain Senderens".
Lavoravo a Parigi nel 1992 e l'Enoteca prese le 3 stelle: mi venne voglia di tornare, era per me il "ristorante" perché lo avevo visitato con la scuola alberghiera e mi rimase nel cuore. Telefonai al ristorante e dopo 15 giorni ero già lì davanti ai fornelli.
Nel 1993 però, quando lo chef diede le dimissioni, Italo mi propose di dividerci le gioie e i dolori della responsabilità: Giorgio Pinchiorri e la signora Annie accettarono e da quel giorno iniziò il nostro lungo cammino. Per questo non finirò mai di essere grato a queste due splendide persone per avermi dato la possibilità di diventare lo chef dell’Enoteca!
Mi piace tuttavia anche ricordare Pietro Leemann, mio primo vero mentore sulla filosofia e sul modo di "pensare" che un cuoco non dovrebbe mai dimenticare qualsiasi cucina decida di fare, ovvero il rispetto della materia prima.
Gastronomicamente parlando credo di avere la mente aperta, ma è anche grazie ai viaggi per il mondo che faccio per l'Enoteca o da solo che mi permettono di tenerla allenata. Sono poi un grande appassionato di musica rock e heavy metal, come quella dei Led Zeppelin, dei Black Sabbath e Deep Purple... Con questo credo sia palese il confronto: se non ci fossero stati questi mostri sacri a cercare un’evoluzione non saremo mai andati oltre il puro rock!
Dunque il dado è tratto: heavy metal e cucina creativa sono simili, perché si parte dalle nozioni classiche e si va oltre... Rock’n’roll! Il futuro? Chi può dirlo. Noi pensiamo, pensiamo, pensiamo. Siamo molto autocritici con noi stessi e di conseguenza tutti i giorni pensiamo a come poterci migliorare. In cucina c'è sempre un margine di miglioramento!».