Nadia Moscardi, ambasciatrice dell'aquilano

È il 1975 quando Elodia apre, nel verde del Parco Nazionale del Gran Sasso. Oggi il ristorante è condotto dalla figlia Nadia, che prima di tornare in Abruzzo a riannodare i fili della tradizione è passata anche dagli insegnamenti di Ferran Adrià. La famiglia Moscardi non si è fatta fermare dal terribile terremoto del 2009 che ha distrutto il ristorante e, dopo un periodo di chiusura, l’ha riaperto poco distante dalla sede originaria.

Quest’anno il ristorante Elodia compie 42 anni. Tanti ne sono passati da quando l’omonima signora abruzzese aprì un’insegna che ha superato quattro decenni, una generazione di famiglia, innumerevoli cambi di tendenze gastronomiche e un terremoto. Il filo rosa della cucina è ora tenuto dalla figlia più piccola, Nadia, e da sua sorella Wilma, mentre in sala c’è Antonello, il fratello sommelier, e oggi «si sta avvicinando addirittura la terza generazione, i suoi figli stanno imparando il mestiere». 
Prima di essere ambasciatrice ed esploratrice dell’aquilano, Nadia ha lavorato con mostri sacri come Ferran Adrià. Di cose belle come questa, e di cose terribili come il terremoto del 2009, Nadia parla con la stessa quieta dignità: il terremoto ha spezzato la continuità decennale di Elodia, e «abbiamo dovuto cambiare location. Dalla sede storica ci siamo spostati nella struttura dove prima facevamo solo eventi, ma la nostra intenzione è tornare dov’eravamo prima. L’importante è non essersi arresi».

Se chiedi a Nadia cos’è rimasto uguale, lei non esita nemmeno un secondo: «la gente di qui lo riconosce come un ristorante di territorio, e noi abbiamo rispettato questa identità anche mentre seguivamo la nostra evoluzione». Un territorio fortunato: Nadia deve spostarsi solo di pochi chilometri per mettere nel paniere zafferano dell’Aquila, tartufi, fagioli di Paganica - Presìdi Slow Food come altre gemme del territorio. Adesso la chef sta facendo ricerca sui prodotti «usati fin dai tempi antichi ma ormai dimenticati, come la pastinaca, o il coregone. Se il cuoco non ha un legame con il territorio cos’è il lavoro di un ristorante? Una catena standardizzata. Così, lavorando insieme all’Ente Gran Sasso, ho scoperto un mondo di erbe». Il piatto simbolo di tutto questo ben d’Abruzzo è la personale prospettiva di Nadia sulle classiche “Virtù teramane”, un minestrone ricchissimo che un tempo la nuora doveva preparare per la futura suocera utilizzando carne e pasta avanzate, legumi e verdure. 

(Tratto da "Donne in fiore" di Sara Porro, IS#24)

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