Maurizio e Sandro Serva, la perfetta armonia di Rivodutri

Tra Lazio e Umbria, agli estremi naturali dei consueti sentieri dei gourmet, da qualche decennio è cresciuta una realtà parallela ed eccezionale, fuori dai riflettori, dagli schemi ripetitivi e dai maliziosi articoli di giornale: il ristorante La Trota a Rivodutri.

I fratelli Maurizio e Sandro Serva hanno pian piano costruito un mondo idilliaco nella campagna di Rieti, nel bel mezzo collinare di  un crocevia idrico di sorgenti, fiumi e laghetti spontanei, creando altresì una delle cucine più sorprendenti del mondo. Maurizio se ne va sul fiume a cogliere il crescione, amaro e pungente come il rafano. Oppure i getti di luppolo, le lumache e le erbette raccolte qua e là quando ci sono le piccole pause dal ristorante. Sandro invece sfornella tranquillo con la sua giovane brigata dai mille accenti regionali e internazionali.

Oppure accade il contrario: è Sandro a uscire dalla cucina per raggiungere gli allevatori di pesce di fiume o il contadino che coltiva i pomodori gialli e neri per il nuovo menu, mentre Maurizio è tra i fornelli a cucinare un nuovo ennesimo piatto del successo.

Così come si alternano nelle mansioni pratiche della cucina, parimenti i due fratelli si avvicendano anche nel servizio: Maurizio in vestito da sera, impeccabile, a fare il direttore del ristorante, mentre Sandro al pass per far uscire gli stratosferici piatti; il giorno dopo è magari Sandro in giacca e cravatta, sorridente davanti ai numerosi clienti, mentre Maurizio è in cucina a sudare e impartire i tempi della brigata.

Prima uno e poi l’altro, in un razionale scambio di ruoli che evidenzia la loro maturità nell’alta ristorazione. «In trattoria abbiamo iniziato subito, fin dai 15 anni, completamente autodidatti. - Racconta Sandro Serva  - Io ho frequentato l’istituto professionale, Maurizio il liceo, ma la ristorazione era perennemente nei nostri cuori. Ci è sempre piaciuto mangiare ed era naturale l’idea di fare bene ogni volta il proprio lavoro, con passione, anche quando arrivarono i mitici – e tremendi – anni ’80…».

Quando i due fratelli subentrarono ai genitori nel ristorante, ci fu inizialmente una sorta di compromesso con il nuovo gusto pop (aragosta, spigola) dei clienti. Poi dal ’95 virarono improvvisamente al passato, un ritorno alle origini culinarie della zona.

Sono passati tanti anni di fatica per raggiungere quello che volevano all’inizio, tanti saliscendi per ritornare nello stesso punto della fonte: la cucina del territorio. Ma ovviamente in chiave moderna, esteticamente mozzafiato, con tecniche innovative, incursioni di spezie e pochissimi elementi non autoctoni per scatenare fuochi e fiamme al degustatore.


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