Le tre stelle Michelin di Antonio e Nadia Santini in provincia di Mantova

Il Parco dell’Oglio è una riserva naturale fortemente agricola, dove i campi coltivati, il letto del fiume e la fitta rete idrica sono segnati da fasce di arbusti, bordure di salice bianco e filari di pioppi. A sud, tra Cremona e Mantova, Runate - frazione di Canneto sull’Oglio - è un villaggio rurale di neppure quaranta anime reso famoso dalla presenza del ristorante “Dal Pescatore”, uno tra i migliori d’Italia, da ben quindici anni insignito di tre Stelle Michelin.

Meta dei gourmet di tutto il mondo è un luogo dove il cibo è specchio della memoria e i sapori sono così legati al territorio, da essere parte integrante della sua storia. Un’alchimia perfetta fra la visione moderna, creativa e sorprendente della cucina di terra e di acqua della Bassa padana e la semplicità della vita di campagna che si eleva ad arte dell’accoglienza.

Lo chef è una dolcissima signora bionda e minuta che è stata riconosciuta la migliore cuoca del pianeta dal Grand Prix dell’Academie Internationale de Gastronomie, la più importante federazione gastronomica internazionale. Ma lei, Nadia Santini, non sembra rendersene conto e quando sono andata a trovarla in cucina, mi ha spiegato con grande naturalezza che in fondo il suo segreto sono le materie prime, le ricette vere e la fedeltà al territorio senza “farsi prendere” dalle mode del momento.

Mi ha raccontato che la sua priorità è la ricerca del gusto autentico, quello delle verdure, delle erbe, dei pesci e delle carni che devono essere di una freschezza assoluta, quello dei piatti che devono essere equilibrati. È innamorata del suo lavoro e ancora di più della sua bella famiglia.

«Il mio successo - tiene a sottolineare - è il frutto di un lungo e duro lavoro di anni e la mia vera forza è una famiglia solida, forte e unita. Perché il nostro è un lavoro impegnativo, ma la passione che ci lega tutti è così forte, da non far pesare i sacrifici che comporta».

Ad accogliere gli ospiti in sala invece c’è il marito Antonio Santini, così perfetto in questo ruolo da aver fatto dell’accoglienza una vera e propria arte. È un uomo colto che conosce bene il mondo della ristorazione ed è amico dei grandi maestri, come Gualtiero Marchesi con il quale nel 1982 ha fondato “Le Soste”.

Ha insegnato il mestiere al figlio più piccolo Alberto che frequenta ancora l’università ma lo affianca in sala e nella gestione e a Valentina, la fidanzata di Giovanni, che dopo la laurea si è trasferita qui e frequenta la scuola di sommelier.

«L’accoglienza è il segno della passione e della professionalità con cui svolgiamo il nostro lavoro – continua Antonio - ed è importante che l’ospite lo percepisca immediatamente. Ha molte componenti e sfaccettature, a partire dall’ambiente che deve essere vero e rispecchiare la nostra personalità. Il casale risale alla fine dell’’800 e abbiamo mantenendone il più possibile la configurazione originale, recuperando pavimenti, travi e camini.

Si sono succeduti vari architetti che hanno però sempre seguito i nostri gusti e le nostre idee, perché crediamo che anche l’arredamento, sia espressione della nostra attenzione nei confronti dell’ospite.

In sala da esempio ci piace raccontare il piatto, ma lo facciamo velocemente, perché io stesso quando vado al ristorante mi sento infastidito dalle spiegazioni eccessive. Il rispetto è fondamentale anche in fatto di ruoli e competenze, perché questa è un’azienda a tutti gli effetti dove lavorano ventidue persone e come tale va condotta con regole molto precise.»

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