La Peca a Lonigo di Vicenza: l’orma di Pierluigi e Nicola Portinari
«Quando comprammo la locanda decidemmo altresì di coinvolgere uno storico di Lonigo per attribuirle un nome degno del nostro territorio: in dialetto la “peca” è l’orma, in questo caso preciso è l'orma che si poteva scorgere nella neve la mattina dopo che i briganti notturni l'avevano calpestata con passo svelto e furtivo».
L'etimologia della parola che avrebbe dato lustro al futuro ristorante ricalca perciò l'amore dei Portinari per il proprio territorio e per l'indagine passionale nei confronti della sua enogastronomia.
Arrivare a “La Peca” oggi significa scorgere giovani ragazzi ovunque, in cucina e in sala, attraverso i gesti dei due valenti sous-chef Fabio Chilese e Marco Faedo, il fresco cavallo di razza Matteo Bressan come sommelier, la giovane pasticciera Martina Gaspari, che realizza le idee zuccherine strabilianti di Pierluigi Portinari.
Un ristorante bello e artisticamente elegante, per nulla ridondante come può capitare a questi livelli, minimalista con il gusto per il bello e per il particolare.
E poi una cucina da mutismo vocale e logorrea cerebrale, una bomba nucleare che bombarda di creatività floreale in primavera-estate, di prodotti ipogei e color pastello in autunno, di proteine animali rare e goduriose in inverno. In questo luogo gourmet infatti è come se l'orgasmo psico-somatico non finisse mai, tutto l'anno, con ogni singolo prodotto.
Nicola Portinari è un cuoco anomalo, autodidatta, non è contaminato da altre influenze culinarie e non professa la religione del burro come sono soliti fare gli altri chef di matrice nordica o che siano stati influenzati dalla gastronomia francese.
Anzi è uno chef che incarna anche la figura dell’imprenditore filantropo, che ama il suo distretto culinario e cerca di emanciparlo con cultura, ingegno e spirito professionale. Costruire insieme un territorio, ecco il sillogismo culturale del portentoso chef de “La Peca”.
L'etimologia della parola che avrebbe dato lustro al futuro ristorante ricalca perciò l'amore dei Portinari per il proprio territorio e per l'indagine passionale nei confronti della sua enogastronomia.
Arrivare a “La Peca” oggi significa scorgere giovani ragazzi ovunque, in cucina e in sala, attraverso i gesti dei due valenti sous-chef Fabio Chilese e Marco Faedo, il fresco cavallo di razza Matteo Bressan come sommelier, la giovane pasticciera Martina Gaspari, che realizza le idee zuccherine strabilianti di Pierluigi Portinari.
Un ristorante bello e artisticamente elegante, per nulla ridondante come può capitare a questi livelli, minimalista con il gusto per il bello e per il particolare.
E poi una cucina da mutismo vocale e logorrea cerebrale, una bomba nucleare che bombarda di creatività floreale in primavera-estate, di prodotti ipogei e color pastello in autunno, di proteine animali rare e goduriose in inverno. In questo luogo gourmet infatti è come se l'orgasmo psico-somatico non finisse mai, tutto l'anno, con ogni singolo prodotto.
Nicola Portinari è un cuoco anomalo, autodidatta, non è contaminato da altre influenze culinarie e non professa la religione del burro come sono soliti fare gli altri chef di matrice nordica o che siano stati influenzati dalla gastronomia francese.
Anzi è uno chef che incarna anche la figura dell’imprenditore filantropo, che ama il suo distretto culinario e cerca di emanciparlo con cultura, ingegno e spirito professionale. Costruire insieme un territorio, ecco il sillogismo culturale del portentoso chef de “La Peca”.