La Brigata di Antonio Guida al Mandarin Oriental di Milano
Ora al Mandarin Oriental per Antonio Guida è tutto più semplice rispetto a prima, non solo perché lavorando nella struttura l'intero anno si può pianificare la cucina, i menu, cambiando e trasformando un piatto per volta per limitarne gli eventuali errori, ma anche grazie al formidabile staff che lo accompagna in cucina e in sala.
Al Pellicano invece tutto era più veloce, poiché la struttura dello staff, il menu e gli obiettivi stagionali dovevano essere pensati interamente e perfettamente fin dall'inizio, con pochi margini di “arrangiamento” a ciclo iniziato.
Il sous chef Federico Dell'Omarino ha 38 anni ed è nato a Umbertide, nel nord dell'Umbria. Dopo aver studiato in collegio ad Assisi, tra i 14 e i 18 anni, è partito per conquistare la casacca di cuoco professionista, Primo lavoro e prima bomba esplosiva: Hotel Eden a Roma, con lo chef Enrico Derflingher, nella cui brigata c'erano puledri di razza come Nino Di Costanzo, lo stesso Antonio Guida, Mimmo Di Domenico, Luca Mazzola, Francesco Mazzei e tanti altri.
Lì il giovane cuciniere umbro impara il concetto di brigata, in maniera però piacevole, quasi euforica, ed è forse lì nata la vera scintilla. Dopo un'altra esperienza a Roma, arriva poi al Pellicano, subito alle dipendenze buongustaie di Guida.
Il Pastry Chef Nicola Di Lena è nato 35 anni fa nel cantone di Solothurn, in Svizzera, da papà pugliese e mamma siciliana. Passa l'infanzia nel Paese elvetico e torna poi in Puglia, a Ginosa (TA), alla tenera età di 6 anni.Nel 2005 approda al Pellicano, da Antonio Guida in Toscana, con un forte bagaglio classico e tecnico, e con lui inizia a sperimentare e girare il mondo.
Il Restaurant manager Alberto Tasinato incomincia la sua carriera a Londra. «Ho 31 anni e sono di Ivrea, in provincia di Torino. Oltre che in Inghilterra ho lavorato anche al ristorante Trussardi di Milano, con lo chef Andrea Berton e al Pellicano nell'estate 2008, dove ho conosciuto Antonio Guida. Poi con Matteo Torretta in cucina, di nuovo nel capoluogo lombardo, e infine ancora ancora da Berton, ma stavolta nel suo nuovo ristorante in Garibaldi, sempre a Milano».
Al Seta Tasinato si occupa di molti aspetti del ristorante: la carta dei vini dell'albergo insieme al sommelier Ilario Perrot, dei fornitori e delle degustazioni dei vini e dei distillati, dei piccoli eventi e peranco della selezione del personale.
«Io e il mio zoccolo duro, tra cui il sous chef Federico Dell'Omarino, il pastry chef Nicola Di Lena e il restaurant manager Alberto Tasinato, siamo arrivati a inizio lavori, nel novembre 2014 e abbiamo trovato una situazione affascinante a Milano: siamo stati noi a edificare il concept “Seta” parallelamente alla costruzione fisica del ristorante e dell'hotel, a scegliere i fornitori liberamente, a organizzare la schedule delle nostre operazioni.
Sei mesi a cercare, decidere, sempre col timore di sbagliare: è facile prendere le decisioni errate sulla “carta”, senza tastarne ancora la fisicità e la concretezza da vicino, ma alla fine abbiamo realizzato veramente tutto noi: il posto giusto dove cucinare a bagnomaria, il cuocipasta, il settaggio del pass, tutto secondo le vere nostre esigenze.
Niente a tavolino, tutto plasmato come artisti della creta: l'intero ristorante è stato edificato alla perfezione, secondo i miei gusti e le mie esigenze. Infatti il ristorante si chiama proprio “Seta di Antonio Guida”!»
Al di là di questa partenza folgorante che gli ha permesso di riconquistare in soli due anni le due stelle che aveva ottenuto in Toscana, al Mandarin Antonio Guida riesce a esprimersi al meglio anche nelle stagioni fredde (al Pellicano infatti la cucina autunno/inverno poteva essere sviluppata solo durante le consulenze), cucinando l'amata cacciagione e godendosi il tartufo nero pregiato, elemento forse tra i più idolatrati dallo chef.
Un altro ennesimo pregio dello chef è la sua umiltà, il suo mettersi poco in luce volontariamente, ovvero la parvenza che desideri quasi annullarsi per far emergere la sua brigata e darle l'importanza che giustamente si merita.
Sono ormai celebri l'interazione pressoché simbiotica e la fiducia tra lui e i suoi collaboratori, che gli stanno accanto da quasi 15 anni.
Lo chef pugliese è buono, riservato e rispettoso all'ennesima potenza, parla prima degli altri e poi di se stesso. Un signore dei fornelli Michelin. Ma dopo tutto questo “passato e presente” di Guida, cosa pensa allora del futuro dell'alta cucina nostrana?
«Oggi c'è un grandissimo livello tra i cuochi italiani, siamo migliorati assai negli ultimi dieci anni, ne sono convinto. Il futuro è roseo, ci stiamo ancora evolvendo, ma i giovani adesso sono ancora più bravi e preparati di quanto lo fossi io all'epoca. Internet ha aiutato nella diffusione delle idee: ora però è importante saper miscelare teoria, faticosa pratica sul campo e stimoli da fuori. Il resto è pura fantasia».