Ciccio Sultano, l’ambasciatore della cucina siciliana
La storia culinaria della Sicilia e della città di Ragusa Ibla si evolve parallelamente alle idee del grande chef stellato Ciccio Sultano, il primo che ha superato le barriere rigide della tradizione mangereccia dell'isola per giocare, divertirsi e amplificarne il potere creativo e internazionale, con le sue interpretazioni ed esaltazioni del cibo siciliano e delle ricette più antiche.
Prima di diventare il cuoco siciliano per eccellenza, con tutte le gioie e gli affanni del caso, la sua vita è stata davvero potente. Come d'altronde lo è tutt'ora la sua cucina.
Ciccio Sultano nasce a Torino nel 1970. A 5 anni gli viene a mancare il padre e quindi ritorna nella sua terra-madre genetica, la Sicilia, prima a Gela e poi a Vittoria. La sua fortuna è quella di lavorare fin da piccolo in campagna, alla tenera età di 10 anni, dove impara ad amare se stesso, la natura, i prodotti del territorio e la fusione di tutti questi elementi.
Poi fa anche il muratore, ma dopo qualche anno capisce subito che quello non sarà mai il suo lavoro. Allora ecco giungere la svolta cruciale: inizia a lavorare al Bar Pasticceria Sweet di Vittoria, e ci rimane sette anni, considerando il titolare Vincenzo Corallo come un vero e puro maestro di vita nonchè, cosa più importante, anche una sorta di padre adottivo.
Allo Sweet il giovane Sultano mette piede nel suo primo harem gastronomico, inizia a fiutare la poliedricità e le potenzialità quasi infinite per la sua voglia di creare e sperimentare.
«Il bisogno di occupazione e di fare soldi cresceva sempre di più: lavoravo infatti in una spaghetteria e pasticceria notturna a Marina di Ragusa, mentre di giorno continuavo da Sweet. Un inferno insomma, una tarda adolescenza spesa a non dormire mai e vocata al mondo gastronomico con tutte le mie forze».
Il suo entusiasmo culinario crebbe leggendo Auguste Escoffier, osservando i grandi chef come Gualtiero Marchesi prima e Gianfranco Vissani poi, i fratelli Troigros e Alain Ducasse in Francia, e avendo anche un libro in particolare come mentore gastronomico: "L'arte della cucina moderna" di Henri-Paul Pellaprat.
Per uno chef siculo la cucina tipica s'impara in casa, si assimila nella vita quotidiana, la gavetta familiare tra mamme e nonne, tra terra e mare, tra carne, pesce, vegetali che non mancano mai. Forse è per questo che Ciccio Sultano non ha avuto tanti maestri al di fuori della famiglia.
«Ho imparato molto da autodidatta, moltissimo grazie a Vincenzo Corallo, ma un'altra importante figura è stata per me Ciccio Giaquinta, che mi ha insegnato disciplina e rigore. Poi ho lavorato anche in Germania, negli USA ho imparato a fare numeri con la qualità.»
Un viaggio alla scoperta del mondo che lo riporta, agli inizi del 2000, nella sua amata Sicilia, dove inaugura a Ragusa Ibla il ristorante Duomo, che non lascerà più.
Prima di diventare il cuoco siciliano per eccellenza, con tutte le gioie e gli affanni del caso, la sua vita è stata davvero potente. Come d'altronde lo è tutt'ora la sua cucina.
Ciccio Sultano nasce a Torino nel 1970. A 5 anni gli viene a mancare il padre e quindi ritorna nella sua terra-madre genetica, la Sicilia, prima a Gela e poi a Vittoria. La sua fortuna è quella di lavorare fin da piccolo in campagna, alla tenera età di 10 anni, dove impara ad amare se stesso, la natura, i prodotti del territorio e la fusione di tutti questi elementi.
Poi fa anche il muratore, ma dopo qualche anno capisce subito che quello non sarà mai il suo lavoro. Allora ecco giungere la svolta cruciale: inizia a lavorare al Bar Pasticceria Sweet di Vittoria, e ci rimane sette anni, considerando il titolare Vincenzo Corallo come un vero e puro maestro di vita nonchè, cosa più importante, anche una sorta di padre adottivo.
Allo Sweet il giovane Sultano mette piede nel suo primo harem gastronomico, inizia a fiutare la poliedricità e le potenzialità quasi infinite per la sua voglia di creare e sperimentare.
«Il bisogno di occupazione e di fare soldi cresceva sempre di più: lavoravo infatti in una spaghetteria e pasticceria notturna a Marina di Ragusa, mentre di giorno continuavo da Sweet. Un inferno insomma, una tarda adolescenza spesa a non dormire mai e vocata al mondo gastronomico con tutte le mie forze».
Il suo entusiasmo culinario crebbe leggendo Auguste Escoffier, osservando i grandi chef come Gualtiero Marchesi prima e Gianfranco Vissani poi, i fratelli Troigros e Alain Ducasse in Francia, e avendo anche un libro in particolare come mentore gastronomico: "L'arte della cucina moderna" di Henri-Paul Pellaprat.
Per uno chef siculo la cucina tipica s'impara in casa, si assimila nella vita quotidiana, la gavetta familiare tra mamme e nonne, tra terra e mare, tra carne, pesce, vegetali che non mancano mai. Forse è per questo che Ciccio Sultano non ha avuto tanti maestri al di fuori della famiglia.
«Ho imparato molto da autodidatta, moltissimo grazie a Vincenzo Corallo, ma un'altra importante figura è stata per me Ciccio Giaquinta, che mi ha insegnato disciplina e rigore. Poi ho lavorato anche in Germania, negli USA ho imparato a fare numeri con la qualità.»
Un viaggio alla scoperta del mondo che lo riporta, agli inizi del 2000, nella sua amata Sicilia, dove inaugura a Ragusa Ibla il ristorante Duomo, che non lascerà più.