Antonio Guida, gli inizi culinari in Salento
Antonio Guida è il “medio” di tre fratelli: sua sorella è fisioterapista e suo fratello fa il barman in Svizzera. È lui lo chef di famiglia, quello che fin da piccolo sentiva i brividi e il cuore caldo quando sua madre Michelina spendeva le ore per cucinare. La lasagna materna è il suo feticismo gastronomico, il ricordo totemico più carnoso e vivido della sua passione per il cibo.
Pensandoci, si mette in ginocchio a pregare ancora per alcune immagini:
«Mia madre era veramente matta: la domenica mattina creava l'impasto di pasta fresca (vedi anche la videoricetta Cacio,Pepe e Rossetti di Antonio Guida), poi lo lasciava riposare qualche ora, poi stendeva le sfoglie ben alte e alle 11 iniziava a cucinarle; poi si dedicava alla sua besciamella, fatta con l'olio evo da buona mamma meridionale, e poi cuocere il tutto a forno al legna, e poi il ragù che stava quasi i giorni a sobbollire.
Mio padre era l'addetto al forno a legna, come un carbonaro professionista, mentre mia madre comandava il rito come una sacerdotessa. Per non parlare poi – che meraviglia! - della sua parmigiana di melanzane, le paste fatte in casa “sagne” tradizionali, le celestiali frittelle di uovo pane e pecorino che io e i miei fratelli divoravamo come iene affamate nel pomeriggio pugliese: erano tutte magnifiche espressioni del suo amore e della sua sapienza domestica.
Lei è stata la mia prima maestra, senza dubbio. Anche adesso continua a insegnare a cucinare, ora è il turno dei nipoti».
Antonio, fin da piccolo, voleva fare il pasticciere, non il cuoco: durante la scuola alberghiera a Santa Cesarea Terme ha appreso le basi di cucina e, per sua incredibile fortuna, durante il weekend frequentava il laboratorio del maestro Rafelino Bello a Galatina, sempre nella sua regione di nascita.
«È stato il pasticciere della regina Elisabetta negli anni '60, poi se ne è andato in Svizzera per imparare a lavorare il cioccolato.
In tutta Puglia è ricordato come un maestro perché a me e ad altri centinaia di ragazzi ha trasmesso i valori umani e professionali, il rispetto e tanta tecnica. Se adesso ancora gioco e mi diverto in cucina è forse perché ho appreso da lui le fondamenta della pasticceria che, negli anni, ho usato anche nella cucina salata!»
Dopo quell'esperienza lo chef di Tricase ha preso la sua strada, visto che non c'era in Puglia nessun altro pasticciere all'altezza di Rafelino. Così ha deciso di partire per altri luoghi, fuori dalla Puglia e dall'Italia, ma fin da subito in cucina, adattandosi al nuovo ruolo di cuoco e non più di pasticciere.
L'uomo, si sa, riesce sempre ad adeguarsi e a volte a raggiungere obiettivi ancora più stupefacenti di quelli desiderati. E la Francia ne sa qualcosa.