Prima di tutto la tua formazione scolastica: cosa ti ha permesso di apprendere della ristorazione?
La formazione scolastica ha posto le basi, mi ha insegnato le regole principali del servizio, i primi cenni di merceologia, purtroppo negli istituti alberghieri si fa ancora troppo poco per formare al lavoro. Nel mio caso mi ha fatto capire veramente cosa volessi fare “da grande”: mi ero iscritto alla scuola alberghiera perché il mio sogno era cucinare, ben presto mi accorsi che il rapporto con la clientela, il mondo del bar e del vino, la cura dei dettagli stavano spostando la mia attenzione verso il servizio, spingendo fuori quella che forse era una vocazione nascosta.
Entriamo subito nel vivo della tua anima spassionata: hai avuto dei maestri o delle persone fondamentali per la tua crescita?
Gianfranco Bolognesi è stato il mentore, colui che mi ha portato nella ristorazione gourmet guidandomi alla scoperta dei più grandi vini del mondo, insieme a lui – nel periodo vissuto a La Frasca nel bergamasco – Roberto Gardini e Gabriele Casadio non sono stati da meno; ci sono inoltre moltissimi personaggi nel mondo della sommellerie, del vino e del giornalismo che stimo e ai quali devo molto perché da loro ho preso i migliori esempi di umiltà e umanità, tra questi vi sono senza dubbio Enzo Vizzari, Andrea Grignaffini, Armando Castagno, Gian Carlo Mondini, Bruno Piccioni, Giorgio Amadei, Federico Graziani, Maurizio Cavalli e Bepi Mongiardino. Alla famiglia Ceretto devo l’esempio di come una grande famiglia possa diventare un’azienda gestita al meglio e, naturalmente, a loro e allo chef Enrico Crippa devo un grande ringraziamento per la possibilità di vivere l’esperienza di Piazza Duomo; ai vignaioli che mi hanno ospitato negli anni, che mi ospitano tuttora e, mi auguro, continueranno a farlo nel futuro. Ma il più grande esempio è quello della mia famiglia che mi ha trasmesso l’amore per il lavoro e il valore dei sacrifici, a loro devo gran parte della mia carriera.
Bando alle smancerie, andiamo a esplorare nei tuoi ricordi più importanti nel mondo del vino, dei distillati, delle birre o di analcolici?
Il primo ricordo è quello legato alla conoscenza e all’amicizia con il grande Marco De Bartoli, che mi ha fatto scoprire l’anima più intima del Marsala, un grande vino italiano troppo spesso dimenticato o mercificato. Il secondo è il ricordo di una serata memorabile a La Frasca, dove ebbi l’occasione di esperire per la prima volta una delle più grandi bottiglie del pianeta, lo champagne Clos du Mesnil 1990 di Krug. Il terzo infine mi riporta alla mattina del 27 novembre 2012, quando ricevetti la chiamata alle armi da Piazza Duomo: avevano ricevuto la terza stella Michelin da meno di due settimane e pensavo fosse uno scherzo.
Mi descrivi un servizio tipo al Piazza Duomo?
Abbiamo la fortuna di avere una clientela estremamente variegata, composta in grande percentuale da stranieri: avendo ospiti che arrivano da mercati diversi ed eterogenei, fa sì che ogni servizio goda di vita e personalità proprie. I punti fermi delle nostre giornate sono i briefing con la brigata prima di ogni servizio, poi, come detto prima, ognuno di essi viaggia in maniera diversa. Io mi dedico all’accoglienza con Alice – la nostra receptionist –, ai consigli sui menu e alle comande – coadiuvato da Matteo e Danilo – e dirigo la squadra di sommellerie composta da Mattia ed Elena; chiudono la squadra, non meno importanti, Luciana ed Andrea che si occupano di portare le vivande dal pass.
Ai miei ragazzi passo le mie idee di servizio, di abbinamento vini, ma allo stesso tempo lascio loro la libertà di personalizzare tutto ciò secondo il loro carattere e attitudini, intervenendo se e dove ce ne fosse bisogno; in questo modo permetto loro di crescere e parimenti di mantenere una linea guida sul servizio di Piazza Duomo.
Il tuo rapporto con lo chef Enrico?
Verso Enrico ho un profondo rapporto di stima: lui è molto riservato, all’inizio forse anche un po’ diffidente, ma quando si riesce a sintonizzarsi sulle stesse linee d’onda si apre e ci si accorge di aver incontrato una persona straordinaria. Non nascondo che nei suoi confronti nutro anche un pizzico di invidia per la sua creatività senza limiti. Abbiamo in comune l’esempio come metodologia di trasmissione delle nostre idee, non potremmo mai chiedere un sacrificio in più alle brigate di Piazza Duomo, se non fossimo in prima linea noi stessi, soprattutto nei momenti più difficili.
Mi racconti i tuoi abbinamenti più strani e quelli più "aulici"?
Un long drink a base di Kalhua, Vodka e Coca Cola in abbinamento al Tiramisù espresso di Gianfranco Pascucci. La famosa Insalata 21...31…41… di Enrico Crippa è stata accompagnata invece dal Gruener Veltliner Eiswein di Nigl oppure gli Spaghetti con prezzemolo e ricci di mare, sempre al Piazza Duomo, abbinati al tè rosso Yi Mei Reng Hong Cha dalla Cina, Per le Tagliatelle porri e tartufo bianco di Riccardo Agostini ho combinato il distillato di genziana di Boroni. Un ricordo particolare mi lega a una serata realizzata a Fiumicino, da Pascucci al Porticciolo, quando, in compagnia di Marco de Bartoli, abbinammo una cena di pesce ai diversi Marsala prodotti dallo stesso Marco.
Chi è Vincenzo Donatiello, direttore di sala al Piazza Duomo d'Alba
Giovane e scatenato, ma allo stesso tempo grintoso e ambizioso, dalle mille idee e con una maturità professionale che si è guadagnato col tempo, Vincenzo Donatiello è il direttore di sala di uno dei ristoranti più importanti e blasonati del mondo, il Piazza Duomo della famiglia Ceretto ad Alba.