La dolce vita sul Garda

Grande abbastanza da creare un clima, un avamposto di Sud in questo triangolo del Nord d’Italia a cavallo di tre regioni: qui ci sono i limoni, protetti dalle gelate nell’architettura ingegnosa delle limonaie; i capperi come nelle isole, gli olivi che danno l’olio più settentrionale del nostro paese.
Come in altre delle zone piu turistiche, tradizionalmente in passato qui lo standard gastronomico è stato il ristorante pueds dans l’eau senza arte ne parte, per un turismo mordi-e-fuggi- quando la pasta non è troppo scotta per il morso. In sintesi: il lago di fronte, ma non nel piatto (anche se ci sono sempre state delle eccezioni piu che valide, come vedremo). Ma gli ultimi anni hanno segnato un brusco cambio di passo, con l’apertura di alcuni dei nuovi ristoranti piu interessanti d’Italia.

Puegnago del Garda

A Puegnago del Garda, sponda bresciana, poco distante da Salò, i fratelli Andrea - chef - e Marco Leali - maitre e sommelier - hanno aperto tre anni fa Casa Leali, ristorante senza vista, ma - parafrasando Saint-Exupéry - l’essenziale è invisibile agli occhi; non si vede bene che con il palato: «Pur essendo molto vicini al lago, ci troviamo in un contesto più paesano e rurale» spiega Andrea «Questo ci permette di avere un diverso approccio, magari anche un po’ più timido, al territorio». Avere un ristorante che non affaccia direttamente sull’acqua porta una clientela differente, che sa ciò che cerca, più motivata.


La Scoperta del territorio
Per i
Leali, il legame con il territorio è recente: all’inizio «eravamo più avanguardisti, più frivoli, impersonali, seguivamo le mode e usavamo prodotti internazionali come foie gras e caviale. Ma abbiamo scoperto di non essere molto felici e così abbiamo cominciato le nostre ricerche: con delicatezza, andando a conoscere i produttori tra i vicini di casa e gli amici di famiglia; studiando le ricette e ragionando in maniera verticale sugli ingredienti. Questo è stato il primo passo, e adesso sta diventando il nostro metodo; non ragioniamo più in orizzontale, a questo ingrediente abbiniamo quest’altro ingrediente, ma creiamo i piatti in funzione dell’idea di profondità: un limone lavorato in 50 modi dà 50 diverse sfumature e sfaccettature».

 
Una dozzina di chilometri a nord-est, lo chef Matteo Felter si misura invece con una delle destinazioni più simboliche dei fasti del turismo lacustre: lo storico Grand Hotel Fasano, già residenza di caccia della casa imperiale austriaca e oggi meraviglioso 5 stelle, dove propone una cucina gourmet al ristorante Al Fagiano. Un compito non semplice all’apparenza: la cucina dei grandi alberghi è una sorta di esperanto fatto di Club Sandwich e piatti internazionali, ma anche Felter ha scelto, invece, di rappresentare il territorio, usando quasi solo prodotti locali.


 
«Al Garda mi sono affiancato con il passare degli anni, con la consapevolezza di ciò che era in grado di offrirmi: non amo l’espressione km0 di per sé, ma da quando sono arrivato in questo luogo unico ho cominciato a mettere radici, e inserire questi prodotti nella mia cucina è stato naturale, nel corso degli anni» spiega. 

Tradizione e influenze asiatiche
Difficile da far comprendere agli ospiti? Tutt’altro: «I clienti, anche quelli stranieri, vogliono ormai avere il senso di un luogo - sono curiosi e cercano il territorio. Così anche io mi ci sono sempre più avvicinato: dal pesce di lago ai prodotti dell’entroterra». E poi c’è il pesce di lago, come la trota, il coregone, il persico - che Felter approccia con grande libertà, a modo suo: ad esempio con il persico fa una marinatura per metà miso e per metà vino bianco, prima di una leggera affumicatura, poi lo serve in tartare con un semplice gazpacho per un antipasto estivo. O lo spaghetto tiepido con infuso di prezzemolo e aglio con polvere di agone, la sarda di lago che in primavera e in tarda estate i pescatori essiccano sotto sale, per poi metterla sott’olio; o il coregone scaloppato e laccato con una salsa teriyaki: amo le influenze asiatiche: sono aromi delicati che non snaturano consistenza e DNA di questi pesci».


Gargnano
Proseguendo lungo la costa fino al Parco dell’Alta Garda Bresciano si arriva a Gargnano, dove incontriamo, invece, dei veterani Maria e Danilo Filippini, affiancati dalla figlia Orietta, sono i cuochi del Tortuga, un vero ristorante a conduzione familiare: «Il locale apparteneva alla mia nonna paterna, era un’osteria dove si faceva una cucina molto semplice» spiega Orietta «ma non per turisti, eh? Quelli non c’erano ancora, chi passava di qui era in viaggio per lavoro». È solo quando negli anni ‘70 cominciano ad arrivare i primi turisti (e i milanesi comprano le seconde case), che Maria e Danilo tentano il salto: pur non avendo una formazione da cuochi hanno passione e professionalità, e in bassa stagione vanno all’estero a fare stage nelle grandi cucine. Nel 1980 arriva la stella Michelin: ma «abbiamo solo 20 coperti; l’ambiente è così familiare che i nostri clienti quando escono ci baciano» ride Orietta.




Piatti nuovi e storici

Tra i piatti simbolo, un antipasto composto da vari assaggi di pesce d’acqua dolce, che cambia spesso a seconda della pesca del giorno: terrina di pesce di lago e verdure, salmerino farcito con patata e tartufo, tartare di coregone leggermente affumicato con pistacchi, pesce persico con pomodoro e olive, luccio con capperi di Gargnano...
Maresistono anche i piatti storici, formalmente tolti dal menu ma sempre richiesti - come le fettuccine alla Dani, semplicissime”, con pomodoro, olio del Garda e olive con l’aggiunta di un ingrediente “segreto”, che Orietta non intende rivelare: «In realtà è l’equilibrio della ricetta, e qualità della pasta fatta in casa ogni mattina da mio padre Danilo». Proprio come nella ricetta, non serve cercare il segreto di successo che dura da mezzo secolo: lavorando con le materie del territorio la qualità va solo valorizzata, più che trasformata. «Il lago è una fortissima ispirazione per noi, non solo per quanto riguarda le materie prime: tutte le mattine prima di andare al lavoro vado a fare una camminata di un’ora, e ogni giorno non resisto dal fare una foto, perché il lago ogni mattina è diverso. Mi comunica un forte senso di pace e di quiete».
 
Tratto da: Dolce vita sul Garda, di Sara Porro - IS n°34

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