Un grande portone “Vecchia Milano” in via San Nicolao, a due passi da Cadorna, nasconde l’ingresso di Nobuya, ultima creatura dello chef. Un progetto dell’omonimo chef Niimori Nobuya, che dopo aver collezionato esperienze tra Giappone e Italia apre la sua prima insegna insieme all’imprenditore Andrea Lin, con la direzione di Emanuele Palladino. Parola d’ordine armonia, proprio come nell’arte dello shodo, la calligrafia giapponese a pennello e china di cui Nobuya è maestro. Le tonalità tenui, i simbolismi nipponici, i materiali dell’arredamento e il design lineare: tutto diventa prolungamento di una cucina essenziale, che custodisce due culture, quella italiana e quella nipponica. Un nuovo concetto di cucina giapponese, che parte dalla tradizione rendendola moderna. Meno fusioni di elementi, più zen ed elegante, una cura sartoriale nella scelta degli ingredienti e soprattutto in un menu quotidiano che varia in base alla disponibilità del mercato e la stagionalità.
La cucina di Niimori Nobuya
Le esperienze collezionate in Giappone, dove lavora per la prima volta in un ristorante italiano, e poi in Italia in cucine sia italiane che giapponesi, hanno permesso a Nobuya di unire il meglio delle due culture gastronomiche: dall'ampia varietà di ingredienti alle tecniche più tradizionali, perfezionando la ricerca dell’equilibrio. «L’Italia e il Giappone in cucina condividono molto, come le cotture lunghe, gli stufati, le fritture o l’importanza del brodo in tante preparazioni» dice lo chef. Nel suo menù, infatti, si potrà trovare un brodetto alla giapponese - zuppetta ushio shiru - di scorfano, calamari, vongole, cozze e verdure, che tanto ricorda il Mediterraneo. C’è anche il tonkatsu, la cotoletta di maiale tipica dei menù nipponici, che Nobuya riproporrà nelle sue cucine, ma utilizzando un capocollo italiano, direttamente dalla Basilicata; o ancora le crocchette di patate - ricetta tipicamente giapponese - con kinpira di carote e radici di loto, un piatto tutto vegetale.
Cura e ricerca: quando è la materia prima a dettare il menù
Nobuya accoglie nella sua casa dove parte del menù cambia quotidianamente in base alla disponibilità del mercato e alla stagionalità degli ingredienti. Una cucina quasi su misura, volta a ridurre gli sprechi ma soprattutto offrire ogni giorno nuove ricette e ispirazioni ai propri clienti, anche grazie a tecniche come il dry aging per carne e pesce di grandi pezzature. Altissima qualità delle materie prime e lavorazione apparentemente minima - ma tecnicamente superba - per mettere al primo posto i sapori. Ombrina, Gambero Rosso di Mazara, Anguilla, Manzo piemontese: qualsiasi sarà l’ingrediente del giorno, gli ospiti potranno scegliere tra sashimi o tataki, tempura o griglia giapponese e altre declinazioni. Grande attenzione anche agli ortaggi, provenienti al 100% da coltivazioni italiane e stagionali, tanto da dedicare un intero menù alla cucina vegetale. Nobuya si diverte infatti a unire tecniche e tradizioni nipponiche a ingredienti tipicamente mediterranei, come le cime di rapa, i broccoli o il radicchio rosso. Due infatti i menù degustazione: quello signature e l’altro interamente vegetale. La cantina a vista in una delle due sale conta circa 700 etichette tra Italia, Francia e Giappone, oltre a 60 tipologie di saké pregiati, ideali per costruire ogni tipologia di pairing con il menù dello chef. Non manca una selezione di tè, birre, Whisky e distillati pensati in accompagnamento alla carta dei dessert.
La prossimità nella scelta degli ingredienti
Nobuya sceglie la materia prima anche in base alla provenienza. Per questo le varietà di pesce arriveranno dai mari Adriatico e Mediterraneo o la carne da allevamenti italiani, tra la Basilicata e la Puglia passando al nord dal Trentino, ad eccezione di pochi - ma fondamentali - ingredienti da produzioni di nicchia scovate dallo chef come il Wagyu o il Riso. Allo stesso modo la pasta di miso sarà di produzione propria, come anche altri preparati fermentati. Ciò che non cresce naturalmente alle nuove latitudini di Nobuya, diventa motivo di sperimentazione dello chef, nell’ultimo anno infatti è nata la collaborazione con Planet Farms, per coltivare attraverso il vertical farming diverse varietà di semi autoctoni giapponesi. Nove specialità portate da Nobuya, come le foglie di shiso, il gobo - radice di bardana, ortaggio popolare in Giappone ma introvabile in Italia. Ma anche varietà speciali di mais, il daikon, il muzuna - tipica insalata giapponese dalla foglia lunga e verde.
Nobuya, pensato come una casa giapponese
Un corridoio dalle pareti frastagliate di piccole onde color crema e un soffitto di micro specchi accoglie gli ospiti al nuovo Nobuya. In fondo, un grande vetro che permette di intravedere l’interno delle ampie cucine: un naturale e immediato benvenuto nella nuova casa di Niimori Nobuya. Due le sale che compongono il ristorante, ognuna con circa 20 posti a sedere - su tavoli in legno che riprendono il simbolo della canapa stilizzato - e gli stessi elementi di design che ricordano le case giapponesi, dai mobili alle pareti simili alle tipiche porte scorrevoli al pavimento tatami. Tra i materiali usati, predominano il legno e il porfido di Milano: entrambi italiani, anche il design vuole rappresentare una fusione tra Italia e Giappone, viaggiando di pari passo con la cucina. Il progetto Nobuya è stato ideato dall’architetto Maurizio Lai in sinergia con Rugiano, specializzata in arredamento artigianale di lusso. All’interno tutto è studiato per accogliere i clienti in un luogo caratterizzato da eleganza, intimità, delicatezza ed essenzialità, specchio dell’anima di chef Niimori Nobuya e della sua cucina.