Vita e miracoli del cocktail più bevuto al mondo, dall’Italia di primo Novecento ai migliori bartender del nuovo Millennio.
Il Conte Camillo Negroni ne aveva già viste parecchie. Nobile italiano e di molta pecunia, fu anche cowboy nelle praterie del ventre degli Stati Uniti, affabulatore nel glamour della New York d’inizio ’900, nientemeno che scommettitore professionista (magari imbroglione) al biliardo e alle carte, a spasso per il Nord America. Scaltro, con baffo importante e fegato allenato, si ritrovò all’asciutto quando nel 1919 lo Zio Sam firmò il Volstead Act: l’inizio del Proibizionismo, il divieto di produzione, commercio e consumo di alcolici su suolo statunitense. Venne definito esperimento nobile, finì invece per ingrassare le tasche della mafia di Al Capone, che distillava e smerciava da clandestino; ne giovò, paradossalmente, la miscelazione mondiale, con la nascita degli speakeasy, locali segreti, che proliferarono e crearono cocktail poi divenuti classici, e con Cuba, dove la proibizione non era esercitata, che divenne paradiso per bevitori e ispirazione per bartender. Allora il Conte fece le valigie e rientrò alla base italica. Per fortuna [...].
Anteprima di " Negroni il cocktail più amato di tutti”, di Carlo Carnevale in uscita su ItaliaSquisita n°45 >
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