Locanda Sensi, fedelmente al nome, è anche ospitalità, con tre suite a tema naturale (Legno, Fieno e Sale), nate per poter offrire una pausa più lunga su questi colli. Diceva del sodalizio “di fuoco”: si spiega grazie alla brace, in bella vista non appena si varca il cancello, che è la regina del ristorante. Essa è usata in coppia: Simone, grande appassionato di carni e frollature, cucina tagli pregiati, poi serviti su pietre di sale, mentre Mauro ha pensato ad un menù apposito, dove ogni piatto porta in sé almeno un elemento che ha “visto” la brace. Ribattezzato “Fuoco e Brace”, si affianca all’altro percorso, “Sensi”, che contiene qualche signature di Brina e una vocazione più stagionale. La cucina è solida, concreta e golosa, molto pulita nei gusti e nel rispetto delle lavorazioni, con l’intrigante tocco di affumicato o brasato che solo il fuoco vivo sa dare. Spesso vengono usati i vegetali per controbilanciare i toni, come nella Lingua alla brace con the nero affumicato e fiore di zucca crudo (appena condito) o nel Piccione, che “si fa in quattro”, come dice il nome (da non perdere): si parte col petto piccione alla brace, con gel di albicocche e pesca cotta nella birra, per poi gustare tre satelliti. Ci sono la coscia, all’interno di una piccola bomba di riso, il patè su pan brioche e il filettino scottato su misticanza di cavolo riccio, condito con limone e arancia. I toni agrumati e freschi ritornano nel fusillone Felicetti bollito, cotto poi al vapore e alla brace, mantecato con caciocavallo podolico stagionato 2 anni in grotta (da piccolo produttore della Basilicata), pepe sichuan e scorze di lime, ma anche nella Panzanella con cinque variazioni di pomodoro e crumble di pane alla brace (forse l’unico piatto dove si sentiva poco questo tocco).
I dolci sono eccellenti, nella loro golosa semplicità: la Millefoglie con ganache al cioccolato al latte, affumicata al palo santo (un incenso), con crumble al cioccolato e sorbetto di pesca e verbena è una carezza per il palato, così come anche il Miele del Penice, a base di zafferano e miele locali. È curioso sapere che Mauro Brina non ha un pasticcere in brigata, ma questa è la testimonianza che la passione e lo studio vincono sempre: basta aguzzare l’ingegno e attivare i Sensi, come succede a Rivergaro, in questo angolo di Valtrebbia, riscaldato da un’invisibile brace perpetua.
di Luca Farina