L'evoluzione del bere senza

La miscelazione analcolica è una delle nuove sfide per i bartender contemporanei, che oltre a trovare gli equilibri giusti per l’esperienza da bere, devono anche sapere trasmettere il valore di un cocktail senza alcol.
La nuova ondata della miscelazione di qualità che investe i locali d’Italia ha reso possibile la riscoperta di uno dei comparti meno noti e nobilitati in assoluto nel giro dell’arte liquida: i drink analcolici o a bassa gradazione, in realtà uno degli elementi portanti della cultura del bar. Come spiega Agostino Galli, bar manager di Lacerba, a Milano: «In Italia abbiamo i low alcool per eccellenza, come l’Americano o lo Spritz. Anche solo un Pastis con acqua, che io amo particolarmente con una punta di lime, è a basso contenuto alcolico. In fondo modificare o creare drink alcolici con una parte analcolica è la base della miscelazione: bere 75 ml di rum liscio è diverso dal bere un Daiquiri...».

Entrambi i lati del bancone contribuiscono a questa nuova, vecchia tendenza: da una parte la ricerca e l’affinamento dei bartender, dall’altra la consapevolezza dei consumatori, che rivalutano le proprie priorità in termini di sensazioni ed esperienza.
Una delle spie più luminose, accese dopo le difficoltà pandemiche, è stata quella relativa al consumo coscienzioso: al netto di ovvie eccezioni generazionali o geografiche, le nuove richieste virano verso ricette meno “impattanti”, sia per contenuto alcolico che per calorie, ma il grado di complessità necessario rimane comunque elevato [...].

Anteprima di L'evoluzione di bere senza di Carlo Carnevale su ItaliaSquisita 47
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