L’evoluzione dei raccoglitori di cibo

L’uomo è sempre stato cacciatore, ma ancor prima raccoglitore, non di varietà coltivate certo, ma di specie spontanee che trovava nel suo habitat. Questa è l’essenza di ritrovare nella natura spontaneamente erbe e piante commestibili. Anche per la cucina dei grandi cuochi contemporanei.
In inglese foraging, picking, wild food, ma non è altro che un ritorno alla natura, senza sfruttamento, prendendo quello che spunta tra le foglie, spontaneamente, nei diversi climi e nelle diverse stagioni dell’anno. Un lavoro di esplorazione, che ha in sé un forte senso di scoperta scientifica. Richiede conoscenze botaniche e naturalistiche. Dalla selezione della pianta, il cercatore passa alla sua raccolta, in semi o talee, per poi portarla con sé per la lavorazione e il consumo, dove si possono comprenderne tutte le potenzialità organolettiche e gustative.

Se dà esiti positivi il raccoglitore può infilare la sua nuova pianta nelle bisacce, per portarla agli chef che desiderano nuovi gusti. I cress, i crescioni sono piccolissimi vegetali, con foglie e stelo, coltivati in serre, all’interno di vasetti su substrato di pasta di cellulosa. La raccolta immediata consente di avere una concentrazione di sapore decisamente maggiore di quanto si percepisca nei germogli. «Per me i cress non hanno un ruolo solo estetico, ma è giusto usarli se danno un senso al piatto» dice la cuoca Silvia Moro.

Negli ultimi anni, anche grazie all’alta cucina, si stanno sempre più diffondendo nella nostra cultura alimentare. Perché «con i crescioni si può giocare con i gusti, fingendo di avere un’ostrica anche se l’ostrica non c’è» dice Marco Sacco. Oppure creare nuovi piatti come Terra Madre, dove i crescioni sono portati a tavola ancora nel loro vaso ed è il commensale a tagliarli e metterli insieme alle altre verdure…


Estratto di “Foraging e Crescioni”, di Luca Milanetto in uscita sul N°42 di ItaliaSquisita

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