Basta cambiare il punto di vista. Abituati come siete a guardare la Romagna da un’altitudine pari a zero, sul livello del mare, vi propongo invece di salire lungo le dolci vallate dell’entroterra, ammirare il panorama da lassù e provare le cucine formidabili di tre brillanti chef che hanno scelto di starsene “nell’altra Romagna”.
Partite da Torriana, per esempio, dove proprio davanti al Povero Diavolo c’è una piazzetta con una vista mozzafiato: prima di entrare al ristorante per provare la cucina dello smagliante Pier Giorgio Parini, concedetevi uno sguardo lungo sul panorama circostante, amplificherà il piacere che proverete assaggiando i piatti sconfinati dello chef, specie quelli dall’animo vegetale che esprimono al meglio il territorio.
A quell’altitudine trovate anche Riccardo Agostini, chef del ristorante Piastrino a Pennabilli, un delizioso locale ambientato in una casa contadina in pietra e immerso in un parco.A Montiano, c’è poi il ristorante Le Giare, che in cucina custodisce quel gran talento di Gianluca Gorini: nel suo menu, piatti arditi sapientemente eseguiti giocano con proposte confortevoli e il risultato è un indimenticabile luna park di sapori.
La terrazza gourmande più tradizionalmente romagnola è però quella della Ca de Be’ a Bertinoro, dove si ammira il tappeto di colline tutt’intorno scaldandosi con Sangiovese o Albana, piadina, formaggi e affettati. A proposito di piadina, c’è una cosa da sapere già che parliamo di altitudini: l’orografia della piada prevede che a Riccione sia sottile e larga, poi man mano che si sale dalla costa lungo la via Emilia, il disco si rimpicciolisce e si ispessisce.
Se volete imparare i segreti della piada perfetta, a Casa Artusi – il centro culinario ispirato al grande gastronomo romagnolo – organizzano corsi specifici di tutti i saperi di cucina domestica, piadina compresa.
Ma torniamo al nostro tour della Romagna fuori stagione, al mare d’inverno, come dicevamo. Un concetto che nessuno mai considera. Già. Se d’estate la Romagna profuma di rosmarino e spiedini di pesce alla griglia, d’inverno sa di passatelli in brodo e noce moscata. Luoghi con atmosfera calda e accogliente e dalla cucina intensa sono L’Osteria dei Frati a Roncofreddo, la celeberrima osteria Sangiovesa a Santarcangelo di Romagna e Casa Zanni a Verrucchio – una macelleria che è anche un ristorante. In collina c’è anche Spaccio, la pizzeria di San Patrignano con annessa rivendita di prodotti artigianali sia enogastronomici che di artigianato realizzati dai ragazzi della comunità.
Nel vostro girovagare fuori stagione in Romagna, un discorso a parte lo merita Faenza. Che sia un caso o no – io non credo che lo sia – questa cittadina capitale mondiale della ceramica artistica è anche un concentrato di prodezze e scoppiettanti progetti gastronomici. A partire da Postrivoro, il format ideato da Enrico Vignoli e altri amici faentini, che porta in città – ormai da tre anni – i migliori sous chef e sommelier internazionali per il tempo di un pranzo e una cena per un numero limitato di commensali. Sempre a Faenza è nato O Fiore Mio, primo punto vendita della catena di pizzerie gourmet Made in Romagna e a due passi da lì si raggiunge FM con Gusto, il ristorante e bistrot di Fabrizio Mantovani. Chiude la serata faentina un cocktail al Clandestino, il longevo live club (vive e vegeta da quasi trent’anni) la cui notorietà travalica i confini regionali, magari ascoltando musica dal vivo.
Siamo partiti dal mare e concludiamo questo itinerario a Imola, dove anche la Romagna geograficamente finisce. L’educazione sentimentale dei gourmet romagnoli parte da Via Sacchi, dove dal 1970 ha sede il Ristorante San Domenico, protagonista dell’epopea della cucina negli anni Ottanta e Novanta e ancora oggi meta di pellegrinaggio per chi ha a cuore la storia della gastronomia italiana.