È storia documentata che il cuoco ticinese di Locarno ha determinato un ribaltamento di prospettive vegetariane non solo personale, collocando i vegetali relegati fino a quel momento nelle retrovie dell’haute cuisine al ruolo di prim’attori. Trent’anni dopo il Rapporto Eurispes 2020 certifica una percentuale di vegetariani e vegani in Italia pari all’8,9%. La richiesta di cibi vegetali e biologici in super e ipermercati cresce del 3,7% rispetto all’anno precedente (Fonte Nielsen).
I primi ad avventurarsi nella materia, in Italia, sono tutti cuochi di purissima fattura marchesiana (Marchesi però redarguiva l’allievo Leemann: “un cuoco deve cucinare tutto”). È il 1998 quando Davide Oldani concepisce la sua Cipolla caramellata, Paolo Lopriore con la sua Insalata di alghe, radici ed erbe aromatiche, e ancora la celeberrima Insalata 21, 31, 41...di Enrico Crippa che nasce nel 2005, e sempre da una una semplice insalata, Stefano Baiocco arriva alla somma ragionata di fiori, germogli e foglie fino a 140 elementi, nel 2007.
Nell'anno domini 2006, il genio di Davide Scabin partorisce la Tataki di melanzana, e il piatto sembra segnare uno scarto evolutivo cucinando un ortaggio come fosse una carne.
La storia a venire è contemporanea. E vede protagonisti cuochi come Daniela Cicioni che spingono la ricerca sulla cucina naturale fino a eliminare il fuoco dalle cotture, lasciando agire gli elementi per fermentazione, germinazione, germogliazione.
Estratto di Sonia Gioia de "La Rivoluzione Vegetale nell'alta cucina italiana" del n°40 di ItaliaSquisita