Qualcosa in Italia sta cambiando. Non sono di certo i politici o i giornalisti a dare questa vivacità di svolta, soprattutto nel campo enogastronomico, ma nuove figure professionali da tempo bistrattate ma ora finalmente agli onori della cronaca. Il mio lungo incedere vuole glorificare e ringraziare i cuochi e i produttori, gli artigiani del cibo, i coltivatori e gli allevatori.
Ma perché queste improvvise parole di lode?
I giorni 13 e 14 ottobre 2013 è accaduto infatti qualcosa di nuovo, di autoctono e autosufficiente in terra di Puglia, nella Daunia foggiana per l’esattezza, alla corte mirabolante dello chef-contadino Peppe Zullo a Orsara di Puglia. Un cuoco bravo, umile e potente, che idolatra la sua amata regione, ha deciso di coinvolgere in modo completamente autonomo (ripeto: senza aiuto di certi politici né di giornalisti usurpatori d’immagini e concetti) un gruppo di chef e produttori per dar vita a un incontro serio e fertile sulla situazione enogastronomica pugliese.
Come mai strepitosi cuochi pugliesi del calibro di Fabio Pisani, Pino Lavarra e Antonio Guida sono riusciti a “spaccare” nel mondo gourmet (con la conseguente pioggia di stelle Michelin, onorificenze, premi e cotillon in tutto il globo terracqueo), mentre quelli “rimasti in patria” arrancano tra quasi anonimato e fatiche economiche anche per colpa della crisi? Perché cuochi pugliesi come Felice Lo Basso, Remo Capitaneo e Lucio Mele creano creative creature culinarie tra Alto Adige, Milano e Bologna, e sono conosciuti dalla stampa nazionale ed estera, mentre coloro che rimangono nella terra dei Messapi, Peucezi e Iapigi non vengono neppur nominati o considerati? Qualcuno forse mi può spiegare il perché?
Non riesco a risolvere il dilemma, ma non sono il solo.
Per questo lo chef-contadino Peppe Zullo ha coinvolto il colto scrittore di cibo Danilo Giaffreda per ingravidare un’idea vincente in merito, per organizzare un simposio finalmente utile e per suscitare un dibattito influente che faccia eco soprattutto tra gli stessi Pugliesi, rei di aver mollato il colpo dell’indignazione e dell’amore per il proprio territorio. (leggi l'articolo di Danilo Giaffreda sull'evento)
Perché dunque non radunare nella tenuta di Villa Jamele sia i cuochi pugliesi che hanno sfondato fuori dalla mura regionali e quelli ancora rimasti all’interno, i produttori d’eccellenza della zona di Daunia, intellettuali, cantanti e stilisti, commissari UNESCO, professori universitari e giornalisti fuori dagli schemi malati delle marchette a freddo, e farli interagire tra loro?
Ebbene, Peppe Zullo nelle vesti di ariete e mecenate, con il placido supporto dell’altro chef-contadino Pietro Zito di Andria (detto anche il Gandhi dell’emancipazione agro-ristorativa della Puglia), ha stabilito finalmente dei parametri d’azione per creare un evento forte e trascinante, una sorta di Festa a Vico di Puglia per intenderci, anche qui senza l’intromissione di personaggi loschi, falsi, approfittatori che possano oscurare il lavoro di promozione culturale ed enogastronomica della zona.
Il tutto si è quindi palesato in una “due giorni” di chiacchiere e nessun distintivo, lotta semi-rivoluzionaria di idee e ricette creative pugliesi con alcuni tra gli chef più fighi di Puglia (Angelo Sabatelli – chef-patron ristorante Angelo Sabatelli, Monopoli; Felice Sgarra – chef-patron ristorante Umami, Andria; Maria Cicorella – chef-patron ristorante Pashà, Conversano; Nazario Biscotti – chef-patron ristorante Antiche Sere, Lesina; Gegè Mangano – chef-patron ristorante Li Jalantuumene, Monte Sant’Angelo) e tanta passione gastro-bolscevica per cambiare questa bellissima regione.
Che dire, io da amante della libertà e della cucina italiana non posso che apprezzare questo gesto, che oserei definire “movimento autonomo di autopromozione e auto-riflessione sulla situazione interna all’enogastronomia pugliese”, e per questo mi batterò affinché tutti questi prefissi “auto” diventi “extra”, “eso”, “super” e soprattutto “italo”.
Con Festa a Vico in Penisola Sorrentina lo chef Gennaro Esposito è riuscito infatti nell’intento di creare una delle feste di eccellenza enogastronomica più mastodontica del mondo, attuando un processo iperbolico di promozione turistica ed economica della Costiera (ricordiamo che in 4 giorni di festa arrivano circa diecimila persone!). Anche qui tutto è iniziato per un'intuizione intelligente e benefica di un cuoco, Gennaro Esposito.
Vorrei dunque che con l’esempio dello chef di Vico Equense, Peppe Zullo e Danilo Giaffreda continuassero nell’idea strabiliante di rilanciare la Puglia e la rinforzassero nel tempo e nei contenuti; magari pensando a una nuova festa nel 2014, coinvolgendo chef da altre regioni, instaurando un rapporto più sinergico e simbiotico coi produttori, invitando più personaggi-emblema della regione (come lo stilista Angelo Inglese o il cantante Tony Santagata), includendo inoltre dei bravi giornalisti nazionali e internazionali e fare – perché no? - una selezione dei migliori 50 cuochi pugliesi. E poi invitare la massa, creando il piacevole finimondo gourmet.
La bandiera pugliese è stata alzata con forza e gusto, adesso facciamola svolazzare alta nel cielo affinché anche gli Eschimesi e i Pigmei la possano vedere. E che faccia da esempio all’Italia tutta e a quelle zone pregne comunque di grande cucina ma mai esaltata dalla cronache nazionali.
Italiani brava gente, dimostriamolo parlando di cucina e qualità territoriale!