Due differenti approcci che sono riusciti però a conciliarsi in un percorso che, a differenza di analoghe esperienze a più mani spesso confuse e irrisolte, è risultato coerente e coinvolgente già dagli amuse-bouche - serviti come aperitivo in terrazza di fronte alla suggestiva sagoma dell’isola di Lipari - sino alla sequenza ragionata dei piatti a tavola.
A partire dalle entrée, passando per primi e i secondi sino all’iconico dessert siciliano a base di ricotta isolana, a funzionare e appassionare sono state proprio le riuscite zoomate territoriali che hanno visto convivere felicemente la Ricciola, avocado, cipolla rossa, aglio nero e formaggio alle vinacce con la Terrina di coniglio, taccole, ciliegie e cavolo cappuccio agli antipasti; gli Anelletti con vongole veraci e fagioli Badda di Polizzi al profumo di rosmarino con il Riso Carnaroli Riserva San Massimo, prezzemolo, zieger (formaggio altoatesino a latte crudo) e cipollotti alla brace ai primi e il ludico Polpo murato alla suadente Pancia di pecora affumicata alle pigne di abete, salsa chimichurri, broccoli e rafano ai secondi, a dispetto di quanti ancora millantano le distanze geografiche come tratti identitari e non, quali in realtà sono, pregiudizi e paure di chi non sa spiccare il volo.