La giovinezza dei bolliti

Il viaggio di ItaliaSquisita nella cultura gastronomica prosegue analizzando la storia e le varie sfaccettature del bollito, figlio di una cucina semplice che riservava a questa tipologia di piatto i tagli di carne ritenuti meno pregiati.
Linguisticamente (della lingua vera e propria si dirà per forza poi) il sostantivo è degradato in aggettivo corrente poco lusinghiero, in definizione sprezzante con cui si indicano quanti, fiaccati dagli anni e dai chilometri di vita, paiono aver perso lo smalto dei tempi belli. È un giudizio con cui si liquidano trasversalmente vecchie glorie del calcio, artisti in disarmo, professionisti di ogni settore sul viale del tramonto. Ma, come si dice “gallina vecchia fa buon brodo”, ed è appunto per amor di brodo che da secoli proprio i capi anziani risorgono in bagni d’acqua fumante.
Bestie e tagli insomma da bollito, protagonista di sontuosi carrelli solo da fine Ottocento e che però oggi e come da svariate ere rimane indispensabile fabbrica di ingredienti, magnifico e giovane orizzonte. Una portata a sé, trascendente le categorie. Semplice e povera, opulenta e complicata materia su cui a partire dalle fondamenta della tradizione non si smette di immaginare giovani eresie destinate magari a far dottrina.

La cottura di capi e tagli tenaci o considerati poco nobili risale all’alba dei tempi, va subito precisato però che di bollito si può parlare soltanto qualora si proceda a gettare la carne in acqua già calda. Nel caso si inizi la cottura dall’acqua fredda, allora si tratta di lessatura.
Il lesso (e qualche stracotto) è tra l’altro come da lezione contadina anche il destino della carne bollita ma rifatta in seguito qualora, ad esempio, non venga utilizzata per le polpette [...]

Estratto di "La giovinezza dei bolliti" di Simone Mosca su ItaliaSquisita n°50.

Ph. Stefano Melito
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